lunedì 7 dicembre 2009


E ALLA FINE DELLA GIOSTRA

IL FLAMENGO RITIRA IL

...GREMIO...!


L'esultanza di Ronaldo Angelim dopo la rete che consegna il titolo al Flamengo.



Alla fine la squadra più popolare del Brasile riesce a coronare un sogno lungo ben diciassette anni, anni che più passavano più il sogno prendeva le sembianze di un incubo.
E invece il suicidio sportivo del San Paolo in quel di Goiania aveva spalancato le porte del paradiso al "Mengao" con novanta minuti d'anticipo sulla fine del torneo. Proprio quel Goias che sembrava aver infranto i sogni rubronegros con quell'inaspettato pari al Maracanà a due giornate dalla fine e che rilanciava nuovamente il San Paolo, evidentemente ignaro che lo stesso trattamento gli sarebbe stato riservato appena una settimana dopo da questo inatteso arbitro di un torneo pazzo come mai negli ultimi anni. Un Goias che nulla più aveva da domandare a questo Brasileirao se non accrescere la propria fama con questo doppio scherzetto. Sanpaolini che restavano con un punto di vantaggio al termine della 36esima giornata nonostante la sconfitta in extremis all'Engenhao contro un Botafogo assetato di punti ma che sciupavano il match point gentilmente offertogli dal Flamengo con la fragorosa caduta sotto i colpi dei verdi di Goias (4-2) proprio alla penultima "ronda", come sopra ricordato.
Eh si,titolo formalmente conquistato al termine dell'ultima giornata, ma ufficiosamente in tasca da una settimana. Perchè anche un bambino islandese sapeva che il Gremio stava già festeggiando all'idea di concedere i 3 punti definitivi al Mengao in un Maracanà gremito e sabotare così l'ultimo disperato assalto delle altre tre concorrenti, anche perchè tra loro ed in prima fila figurava il Colorado, acerrimo ed odiatissimo rivale portoalegrense del Gremio. In caso di arrivo a pari punti tra più di due squadre sarebbe valsa la differenza reti, abbondantemente dalla parte dell'Inter, mentre nel caso di due squadre appaiate sarebbero entrati in gioco gli scontri diretti.
Gremio senza più obiettivi se non quello di farsi battere seguendo un copione che destasse meno sospetti possibili benchè la formazione fosse inzuppata di imberbi giovincelli e riserve, in assenza dei vari Victor, Rafael Marques, Rever, Fabio Rochemback, William Magrao, Souza, Tcheco, Jonas, il colombiano Edixon Perea e la coppia argentina Maxi Lopez ed Herrera: un'intera legione.
"Tricolor Imortal" che per un pomeriggio divenisse mortale, anzi agnello sacrificale all'altare della "Santa rivalità" con la "Nacao Vermelha" (la Nazione Rossa): è questo che imponevano i tifosi ad allenatore e squadra. Perdere...e perderemo!
In settimana si sono sprecati gli strali lanciati contro la dirigenza gremista che già aveva annunciato che si sarebbe presentata a Rio con le seconde (anche terze) linee poichè l'obiettivo della qualificazione alla prossima Copa Sudamericana era già stato messo in carniere e dichiarando spudoratamente che non avrebbero potuto consegnare lo scudetto nelle mani dell'Internacional giocando alla morte quando in passato in situazioni simili il Colorado non ci aveva pensato su due volte per affossare il Gremio. Un atteggiamento remissivo e mani avanti che avevano spinto sul piede di guerra anche le altre due controcandidate allo scettro nazionale, quelle che nelle ultime giornate si erano fatte più male con un autolesionismo esagerato. E se del San Paolo abbiamo detto, come non spendere due parole sul finale di stagione del Palmeiras riuscito nell'impresa di perdere anche l'ultimo posto utile per la Libertadores (a tutto vanataggio del Cruzeiro) con la sconfitta all'Engenhao contro il Botafogo, non affogato nella Serie B grazie a quest'ultimo scatto finale.
Verdao che sembrava lanciato verso il quinto titolo, il primo dal 1994, e che nelle ultime giornate ha depauperato un vantaggio che pareva metterlo al riparo da ogni insidia. 3 sconfitte, due pari e una sola e praticamente inutile vittoria nelle ultime sei giornate con la sceneggiata di Porto Alegre, quando alla fine del primo tempo della gara col Gremio, Obina e Mauricio sono arrivati alle mani sotto gli sguardi attoniti dei compagni e che al rientro delle squadre in campo hanno visto la via degli spogliatoi, espulsi dall'arbitro con Muricy Ramalho abbattuto e quasi in lacrime in panchina.
Palmeiras che unitamente a San Paolo, Internacional, ma anche Gremio, Cruzeiro e Corinthians aveva una rosa complessivamente migliore rispetto al Flamengo e che può recitare il mea culpa, come un San Paolo decisamente timido e sprecone in questo finale di stagione, atipica situazione per una squadra abituata a dominare negli ultimi tre anni con saggezza e realismo.
Mengao che ha quindi coronato un inseguimento che mai più sperava di completare con successo, e passi pure quest'ultima gara architettata su misura per far si che il delitto perfetto si completasse senza troppo clamore. Un Gremio in vantaggio avrebbe regalato pepe all'incontro, illusioni ai rivali e parvenza di eticità alla gara. E passi pure che al gol di Roberson un compagno di squadra appostato sul palo opposto abbia avuto un gesto di disappunto oppure che un difensore gremista abbia cercato volontariamente di causare un rigore con un tocco di mano, poi inutile vista la rete di David. E non si storcerà neppure troppo la bocca se nella ripresa i giocatori nerocelesti rifiutavano qualsiasi attacco alla porta avversaria ritornando sui propri passi appena varcata la metà campo, oppure concedevano gratuitamente calci d'angolo a ripetizione per evitare che la sceneggiata si protraesse sino ad un punto che avrebbe potuto tramutarla in dramma, per loro e per gli amici rivali del Flamengo. Proprio da uno di questi corner svettava il cranio del difensore centrale Ronaldo Angelim che con un'imperiosa inzuccata regalava l'urlo agli 80.000 del Maracanà. Un gol liberatorio e atteso forse sin troppo (minuto 72), che sigillava lo scudetto e neanche un imbarazzante e spaventatissimo Bruno riusciva a disfare la tela pazientemente intessuta quando su un'innocua punizione da 35 metri si accartocciava su se stesso respingendo maldestramente sui piedi di uno spaventato Douglas Costa che si industriava a calciare sul fondo a trenta centimetri dalla porta fingendo di inciampare sulla palla.
E così sia: Flamengo campione del Brasile per la sesta volta e non stiamo troppo a formalizzarci se le ataviche rivalità sudamericane ingenerano un meccanismo contorto di favori e controfavori dai quali è sempre più arduo uscirne.
Rimane alle cronache un Brasileirao palpitante sino all'ultimo, con diversi avvicendamenti al vertice e che ha avuto anche il sale nella...coda...
Infatti il Fluminense ha suggellato una splendida rimonta (non riuscita in Sudamericana contro la LDU) andando a condannare il Coritiba, affondato dalla contemporanea vittoria del Botafogo, salvo a sua volta grazie a questo successo, per una Rio de Janeiro imbandierata a festa visto anche la pronta risalita del Vasco da Gama.

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