sabato 27 giugno 2009



CON PIENO...DE MERIT!!


Successo sorprendente degli U.S.A. che facendo seguito ad una prestazione maiuscola sotto il profilo difensivo, mettono fine alla striscia di 15 vittorie consecutive e soprattutto all' impresionante serie di 35 partite senza conoscere sconfitte. Record spagnolo infranto nel momento cruciale della manifestazione...!




La gioia americana,in contrasto con la delusione spagnola. Ai giocatori non resta che abbassare lo sguardo e coprirsi il viso dalla vergogna.




Ed alla fine cadde! Nella fredda notte di Bloemfontein l' "Invencible Armada" subisce un'inopinata battuta d'arresto, tanto impreventivabile, quanto fragorosa per le ripercussioni che si trascina.
Spagna privata della finale più logica e spettacolare, quella con il Brasile che ad onor del vero ha faticato quanto e più degli iberici uscendo indenne solo per un colpo di classe individuale a tempo quasi scaduto, Spagna privata della possibilità di fregiarsi di un secondo titolo a breve distanza dal successo europeo di un anno fa, Spagna privata del record di 36 gare consecutive senza patire rovesci, record fermatosi a 35 e che dovrà spartire proprio con i verdeoro coabitandoci per parecchio tempo (si presume), e in ultimo, Spagna alla quale sono state sottratte in un attimo, nello spazio di 90 minuti, tutte le certezze costruite dal giorno dopo l'ultima sconfitta: casalinga contro la Romania il 15 novembre 2006.
Un fulmine a ciel sereno, una bomba esplosa senza preavviso alcuno un tonfo tanto inaspettato perchè arrivato da un confronto con un rivale che a questo stadio della competizione era piombato pressochè casualmente e per il classico rotto della cuffia passando attraverso il calcolo matematico della differenza reti e nella fattispecie del maggior numero di gol segnati a parità di goal average.
E veniamo proprio ai rivali degli iberici che tanto hanno impressionato per la loro tattica accorta sublimata da una prova difensiva impeccabile e rasentante la perfezione.
Bob Bradley il tecnico che ha ereditato la nazionale da Bruce Arena, ha avuto l'accortezza e la sfrontatezza di presentare due punte di ruolo evitando a priori il lassismo offensivo e scacciando dalle menti dei propri giocatori e in quelle degli avversari la sensazione di passività abbondantemente esibita contro il Brasile. Al cospetto di una nazionale che fa del cosiddetto " tiqui-taca" l'arma migliore per stordire prima ed assediare poi i malcapitati di turno. Un 4-4-2 flessibile che ha avuto il merito di essere stato interpretato con grinta ed applicazione notevole da parte dell'undici americano. Sin dai primi minuti gli Usa hanno messo in atto un pressing ossessivo in difesa ed a metà campo ed una vivacità nella lotta palla su palla che ha visibilmente sorpreso le Furie Rosse.
Davanti al baluardo Howard (a proposito: il numero 1 dell'Everton è uno dei portieri più forti che si trovino in giro per il pianeta), il preciso Spector agiva da terzino destro senza licenza di offendere, il "mostruoso" Onyewu e la diga De Merit formavano la coppia centrale, il veterano Bocanegra a sinistra. La linea mediana presentava il tecnico Dempsey a destra, il coriaceo M. Bradley ed il tamburino Clark in mezzo a tappar falle e la stella Donovan sulla corsia mancina. Le due punte erano il veloce C. Davies ed il massiccio Altidore, reduce da una stagione in chiaroscuro in quel di Xerez (promosso in Primera) in prestito dal Villarreal.
Una sorta di "fisarmonica", elastica e pronta a richiudersi a riccio senza mai disunirsi durante la fasi di tempesta che di tanto in tanto si verificavano. E così arrivava un vantaggio piuttosto meritorio al culmine di un paio di grosse minacce portate alla meta di Casillas. Segnali d'allarme che nel fronte spagnolo non venivano recepiti e che alla terza incursione venivano addebitati con gli interessi grazie alla movenza di Altidore che si liberava piuttosto agevolmente di Capdevila e fulminava centralmente un colpevole Casillas che veniva freddato con un calcio che il portiere del Real riusciva solamente a smorzare non impedendo che la sfera si insaccasse alla sua destra.
Il solo Torres aveva cercato la rete, accarezzandola, ma il tutto nel monologo statunitense. Colpita al cuore nei primi scampoli di gara, la Spagna reagiva molto soavemente anche se andava prossima alla rete su un'incursione di Riera che spegneva malamente a lato una superba occasione creatagli da uno scavetto magistrale di Cesc Fabregas, l'unico spagnolo in grande spolvero per tutti i minuti che è rimasto sul campo. La nazionale iberica prendeva via via in mano le redini dell'incontro creando i prodromi di occasioni a 5 stelle ma le insidie venivano spesso frustrate dalla spaventosa prestazione del duo centrale Onyewu e De Merit che giganteggiavano limitando i pericoli ai minimi termini e spesso vanificando il tiro in porta di Torres e Villa con precise chiusure. In questo baillamme, Howard doveva disimpegnarsi su un a conclusione di Torres dopo uno spunto personale che lo vedeva liberarsi abilmente di Bocanegra e dopo un ulteriore dribbling (di tacco) sul terzino del Rennes, scagliava il dardo che andava ad incocciare le manone di Howard. Erano anzi gli States a dover recriminare per un errore sotto misura di Dempsey che poco prima dell'azione di Torres con il capo spediva alto sopra la traversa un invitante traversone arrivato dai sapienti piedi di Donovan. Nella prima parte si deve anche registrare un fuorigioco fasullo fischiato a Donovan quando l'ex Bayer e Bayern si trovava solo soletto inanzi a Casillas.
La ripresa vedeva cominciare la squadra di Del Bosque a spron battuto ed il primo quarto d'ora gli Stati Uniti erano costretti a viverlo in apnea in attesa che la mareggiata rossa si placasse. Si prospettavano 45 minuti di patimenti indicibili e ci si immaginava che prima o dopo la Spagna potesse capitalizzare la costante pressione riversata sulla difesa a stelle e striscie ma passata la buriana gli uomini di Bradley capivano di essere usciti indenni e quindi abbozzavano qualche sporadica ripartenza. La Spagna scemava di intensità e gli Yankees rifiatavano concedendosi il lusso di chiudere la gara con 16 minuti d'anticipo sul tempo regolamentare. Torres e compagna avevano infatti inteso che l'aria che si respirava intorno ad Howard, in virtù delle grandiose prove dei due centrali difensivi e di tutta la retroguardia in coro, era piuttosto malsana e la tattica messa a punto da B Bradley che prevedeva che i due centrocampisti centrali (Clark ed il figlio Michael Bradley) arretrassero a dare manforte alla difesa ed i centrocampisti esterni intenti a ripiegare in centro per ottenere superiorità numerica ed affollare le corsie centrali, quelle predilette dagli iberici. Si creava un muro invalicabile ed tutti i centrocampisti e gli attaccanti spagnoli venivano risucchiati in un vortice di gambe e muscoli dai quali era quasi impossibile venirne fuori. Quando sfondavano, ci pensavano i soliti due Onyewu e De Merit e in ultima battuta un attentissimo Howard. Onyewu letteralmente invalicabile sulle palle alte, una presenza costante ed imbarazzante per gli avversari, di una fisicità stupefacente siglava una partita strepitosa. I due centrali sfoderavano una prova inimmaginabile all'inizio della gara: calamitavano su di loro tutte le palle che imperversavano nell'area di rigore stagliandosi al di sopra di tutti. Se passava qualche palla Howard, come detto, completava l'opera di muratura non ultimata da quei due. Va detto, per onor di cronaca, che ad inizio ripresa Xavi veniva sbilanciato in area da Donovan quando era a tu per tu con il portiere dell'Everton. Su altro assist al bacio di Fabregas ( una copia del primo per Riera), Donovan usava tempestivamente e volontariamente l'anca per dissimulare quanto più possibile il fallo; il catalano ruzzolava a terra ed infatti il direttore di gara rimaneva innocuo ma la scorrettezza era evidente e doveva essere punita con rigore ed espulsione.
Come dicevamo: tanto dominio doveva condurre a due soluzioni. O la Spagna marcava il pari ovvero prima o dopo avrebbe subito il mortifero "contragolpe". Noi optiamo per la seconda in quanto un Feilhaber appena entrato al posto dello stremato Davies, depositava sui piedi di Donovan un'ottima palla che l'ala sinistra indirizzava in mezzo pur avendo la corsia destra d'attacco ampiamente percorribile per chiudere da solo in rete. La scelta non fortunata si rivelava invece fatale per gli iberici in quanto in seguito ad una deviazione di Piquè, la sfera terminava sui piedi di S. Ramos, comodo per il rinvio, ma il madridista si addormentava ed un lestissimo Dempsey, aggirando il difensore da dietro, beffava Casillas ribadendo in rete da pochi passi. Minuto 74 e la doccia, da fredda diventava gelata. Va detto che sul cross di Donovan, Dempsey era in leggero fuorigioco e anche se la palla veniva intercettata da Piquè, lo stesso centrocampista del Fulham partecipava all'azione. Bisogna stabilire se trattasi di due azioni diverse (gol regolare) o di un'unica continuità d'azione (gol in fuorigioco).
Restavano 15 minuti e la clessidra del tempo stava facendo mancare la...sabbia da sotto i piedi degli spagnoli, tanto da non sembrar vero che gli stessi fossero sul punto di affondare proprio sul più bello, con il loro record e contro avversari che ad inizio contesa non avevano uno, nemmeno un pronostico a loro favore.
La disperazione produceva un tardivo cambio (Mata per Riera ed in precedenza era entrato incomprensibilmente Cazorla al posto del migliore: Fabregas), ma gli avvicendamenti non producevano risultati se non qualche altra mischia risolta sempre brillantemente dai soliti noti. In mezzo a tutto ciò un altro fischio errato del pessimo Larrionda che "coadiuvato" dal guardialinee di destra decretava un altro fuorigioco inesistente fermando Altidore lanciato ed indisturbato verso la porta di Iker Casillas. Ancora un marchiano errore di Larrionda che spediva negli spogliatoi anzitempo un ottimo Bradley, reo secondo l'arbitro di un intervento da "rosso" ma in realtà colpevole solamente per essere intervenuto in ritardo su un contrasto a centrocampo per nulla violento. Il papà Bob ne prendeva atto e mandava in campo il corazziere Casey, roccioso attaccante dei Colorado Rapids, per cristallizzare lo score. Le ultime schermaglie nell'area statunitense e dopo 3 minuti di prolungamento arrivava il triplice fischio che sanciva la spumeggiante vittoria americana e la maggiore sorpresa di questo minitorneo.
E' quindi stata "svaligiata" la banca e dopo tanti tentativi il forziere è stato divelto, ma questa impresa che resterà negli annali resterà un "unicum", oppure questo torneo può davvero diventare USA FOR AFRICA ossia proiettare gli States alla conquista del Continente Nero e a raggiungere il loro primo alloro internazionale (Brasile permettendo) ?


PAGELLE:

USA:

HOWARD: 7. Chiamato in causa spesso, ha risposto dando grande sicurezza al reparto, per il resto hanno provveduto i compagni. Al momento è tra i migliori del ruolo.

SPECTOR: 6. Poco in vista, copre bene e fa il compito assegnatogli. Con Riera non sbanda mai.

ONYEWU: 9. Gigante anagraficamente parlando, gigante nei fatti. Domina l'area come un Condor i cieli. Spazza risoluto ed ha sempre un piede malandrino per le velleità iberiche. La maglietta dello Standard inizia ad andargli stretta.

DE MERIT: 8.5. Al Watford staranno fregandosi le mani. E' più puntuale di un treno ad alta velocità e si appiccica alla gara come una figurina su di un album. Ogni palla che gravita nell'area l'arpiona facendone una questione personale.

BOCANEGRA: 6. Lascia l'amaro in...boca...agli spagnoli.

DEMPSEY: 6.5. il tecnico centrocampista del Fulham si esibisce in numeri che dopo la stagione esemplare appena disputata, coronano degnamente il finale.

MICHAEL BRADLEY: 6.5. Perde la finale ma chiederà i danni a Larrionda, ne siamo certi. Una diga in mezzo al campo e scende spesso in trincea quando la Spagna fa la Spagna.

CLARK: 6. Lotta e cuce, ricuce e rilotta. Non spegne mai la luce ma le luci dei riflettori non sono per lui.

DONOVAN: 6.5. Assist, accelerazioni e furbizia. Causerebbe un rigore ma lo fa con perizia ed intelligenza. Lo ferma un fuorigioco nel primo tempo quando poteva già sentenziare la gara.

ALTIDORE: 6,5. Big Jim sfonda la rete. Sostanza e muscoli nonostante una stagione che a livello personale non ha dato molto (lo Xerex è stato però promosso in Primera). Il Villarreal aspetta alla finestra la sua esplosione.

DAVIES: 6. Dall' Hammarby ed il torneo svedese alla nazionale spagnola. Il passo è grande ma lui non sfigura e con una rovesciata per poco non stoppa il frastuono delle trombettine.


I SOSTITUTI:

Feilhaber entra per Davies e colleziona due assist: uno per Donovan va a buon fine (gol di Dempsey), l'altro per Altidore viene frustrato dal guardialinee visionario.
Casey va a fare numero e mucchio nel concitato finale.



SPAGNA:

CASILLAS: 5.5. Colpe sul primo gol, per il resto poco impegnao. Stagione altalenante, come quella di Buffon...!

SERGIO RAMOS: 5. Lui da buon andaluso ogni tanto schiaccia qualche bel pisolino. Stavolta la siesta è arrivata nel bel mezzo di una semifinale di un torneo ufficiale. Una frittata tipica della casa. E' fatto così e noi lo capiamo.

PIQUE': 5.5. Gara con pochi acuti, si "sente" poco nel gioco difensivo.

PUYOL: 6. Fa il suo senza grandi colpe specifiche.

CAPDEVILA: 4,5. Non pervenuto. Rimasto negli spogliatoi scende in campo per regalare il primo gol agli Usa e poi se ne ritorna in naftalina.

XAVI: 6. Un pò frenetico nel gioco, cosa particolarmente atipica per lui. Quando non incanta sembra che giochi male ma non può sempre fare il fenomeno.

XABI ALONSO: 6. Frangiflutti che non scocca mai i suoi famosi dardi nè i suoi lanci al millimetro. Gran giocatore eclissato non per colpa sua e mortificato dal risultato.

FABREGAS: 7.5. Solo nel deserto. Distilla magie e assist, con scavetto annesso, in quantità. Alta scuola messa al servizio di un attacco spuntato (questa sera). Classe sublime, cuce gioco finchè Del Bosque decide di togliere il migliore in campo.

RIERA: 5. Cavallone di sfondamento ci mette un pò a capire che non è serata. Se si ingolfa sono guai perché il motore non gira più. A Liverpool è già successo parecchie volte. Tiro orribile su assist pregevole di Fabregas.

TORRES: 5.5. Sbaglia un tape-in facile facile per il bambino; piccolino al quale stasera gli americani hanno rotto il giocattolo. Pochi spunti degni di nota.

VILLA: 5. Si dimena come un leone ingabbiato da maglie troppo strette. Ruggisce senza mai affondare gli artigli perchè di fronte ha degli elefanti.


I SUBENTRATI:

Cazorla è un cambio inutile ed incomprensibile anche perché esce Fabregas.
Mata: oramai la frittata è fatta e lui non la ricompone.



martedì 23 giugno 2009




ALLA STRETTA... FINALE...!


L'Europeo di Svezia ha promosso alla finalissima le mie due favorite.
Proviamo ad indovinare chi può alzare il trofeo.



La gioia di andrea Beck dopo il fischio finale di Proenca!




La corsa "inglese" dopo l'errore dello svedese Molins.
Il palo ha decretato l'Inghilterra in finale.





INGHILTERRA: la squadra di Pearce è arrivata a questo europeo con i galloni della favorita numero uno insieme alla Germania. Per la qualità della rosa portata in Svezia appariva la migliore e il raggiungimento della finale l'ha confermato. Emersa magistralmente dal gruppo 3 di qualificazione, relegando la seconda, il Portogallo, ad 8 punti di distacco (Portogallo che ha fallito anche il ripescaggio per i Play-off) in virtù di un cammino senza macchia riassunto in 7 vittorie ed un pareggio, ha disputato contro il Galles la gara decisiva per entrare nella fase finale ad 8 e pur con qualche patema di troppo è riuscita a sbarazzarsi dei vicini di casa. Il sorteggio l'ha poi recapitata nel gruppo cosiddetto della "morte", quello B, comprendente anche Germania e Spagna, oltre al materasso Finlandia, clamorosamente riuscita nell'impresa di entrare tra le finaliste anche grazie ad un gruppo 6 piuttosto agevole ( Danimarca, Scozia, Slovenia e Lituania le avversarie) ed al Play-off che l'ha vista contro l'Austria: lo spareggio meno quotato tra i 7 giocati.
Da questo gruppo B l'Inghilterra di Pearce ne è uscita piuttosto agevolmente, digrignando i denti di fronte alle due vere insidie dopo l'inizio stentato contro i finnici anche a causa della precoce espulsione (con annesso rigore) di Mancienne. La seconda gara con la Spagna ha mostrato tutta la differenza di classe tra le due squadre e tra le due rispettive rose. Se è vero che gli spagnoli si sono presentati a questi europei con le velleità ridotte a causa di tre assenze prestigiose (Piqué, Mata e Busquets tutti e tre "prestati" a Del Bosque), Pearce ha lasciato a casa, per svariati motivi, un battaglione intero di giocatori che in altre nazionali sarebbero comodamente entrati tra i 23. Una lista incompleta: Alnwick, Steven Taylor, Wheater, Dann, Shawcross, Naughton, Huddlestone, Kightly, O' Hara, Lennon, Soares, Leadbitter, Michael Johnson, Mark Davies, Derbyshire, Jerome, Moore, Vaughan, Welbeck, Ebanks-Blake, Miller. Insomma un'altro roster di giocatori importanti, molti di loro affermati, con alle spalle un'annata da protagonisti, alcuni già presi in considerazione da Capello ed in ogni caso diversi tra loro sarebbero titolari se giocassero in altre nazionali di prestigio di questa fase finale svedese. L'ultima gara contro la Germania, con gli inglesi già matematicamente passati alle semifinali, era utile a conoscere se Walcott e soci sarebbero stati primi del gruppo, ovvero da secondi. I teutonici invece, benché in posizione decisamente favorevole rispetto alla Spagna, dovevano completare l'opera con un rassicurante pareggio e magari tentare l'impresa di giungere primi superando i bianchi di Pearce, schierati in formazione largamente rimescolata e con 9 titolari lasciati precauzionalemente a riposare. Ebbene, proprio la formazione che definiremmo "b" ha lasciato la netta sensazione che quest'Inghilterra non solo possa ampiamente e compiutamente contare sulle seconde linee, ma che proprio la definizione pocanzi citata (squadra b), si addica poco alla squadra di "Psycho" visto la qualità messa in campo da giocatori come Gardner, Rodwell, Tomkins e Driver. E se i primi tre sono elementi militanti nella Premier e già abbondantemente conosciuti, il quarto di stanza in Scozia, in quel di Edinburgo con gli Hearts, ha mostrato di avere mezzi tecnici notevoli ed un uno contro uno elettrizzante.
La semifinale con i padroni di casa svedesi, ha determinato una situazione paradossale: dal 3-0 iperrassicurante alla fine dei primi 45 di gioco, all'incredibile rimonta gialloblu grazie ai fuoriclasse Toivonen e Berg, entrambi autori di uno splendido europeo. I supplementari, d'obbligo, sono stati una costante sofferenza aggravata dalla doppia ammonizione di Fraizer Campbell che oltre a lasciare la squadra in 10 per i secondi e finali 15 minuti, priverà l'attaccante della finale, e la formazione di Pearce di una vera punta di ruolo visto che nel frattempo anche Agbonlahor si era reso protagonista di un giallo, mortifero per le sue, ed altrui ambizioni. La finale è passata dunque per i penalties, tanto indigesti al movimento inglese e che di molti dispiaceri hanno riempito i cuori d'oltremanica. Ma seguendo l'esempio recente dell'Arsenal contro la Roma (ottavi di Champions 2008-09), anche i ragazzi di Pearce hanno tramutato a loro favore la lotteria, e l'errore dello svedese Molins li ha catapultati all'atto finale di lunedì sera. Una sofferenza evitabile in considerazione dell'elevato potenziale della squadra e del vantaggio accumulato nella prima parte di gara, ma è la dimostrazione che la forma fisica di alcuni elementi, in primis Walcott, è al limite, e l'acido lattico di una stagione inglese infinita e iperattiva ha già fatto accendere la spia arancione in molti giocatori a disposizione di Psycho. Allenatore che, per la gara decisiva dovrà fare a meno di 3 pedine importanti come i due attaccanti citati sopra e il portiere Hart, ingenuamente e fiscalmente ammonito durante la sagra dei rigori per un leggero tentativo distrattivo nei confronti di un rivale svedese che si accingeva a calciare il rigore.
Ma la corsa verso il terzo successo nella manifestazione non può essere ostacolata nemmeno da questi imprevisti, visto che per molti è la succosa occasione per fregiarsi di un titolo continentale (cosa assai rara nel panorama delle nazionali inglesi giovanili e non) e per 13 di loro (i classe '86 e '87) di chiudere in bellezza un ciclo iniziato il 07-09-2007 con il largo successo in Montenegro.


GERMANIA: l' under 19 lo scorso anno si è laureata campione d'Europa sconfiggendo in finale l'Italia, l'under 17 lo ha fatto quest'anno in finale contro l'Olanda e poiché il detto non c'è due senza tre potrebbe valere anche in terra teutonica, possiamo supporre cosa raprresenterebbe un tris di queste proporzioni per l'intero panorama tedesco che a livello di nazionale maggiore in questi ultimi tempi è apparso piuttosto agonico nonostante la finale degli europei 2008 (persa contro la Spagna ma raggiunta in maniera piuttosto fortunosa).
Questa rappresentativa under 21 sembra essere baciata dalla buona sorte e disponendo di indubbi talenti, il mix si è rivelato efficacissimo sino ad ora. Uscita per il rotto della cuffia da un gruppo decisamente abbordabile, il 9, il cui unico avversario di riguardo era Israele, ha poi disputato i Play-Off contro la forte Francia di Mombaerts e può ringraziare un gol del centrale difenzìsivo Howedes giunto al culmine di una gara restata per lunghi tratti in mano francese. Una rete mortifera arrivata al 90° quando oramai non c'era più scampo per i transalpini e senza la quale la fase finale sarebbe saltata (all'andata finì 1-1 in quel di Magdeburgo).
Proiettati in Svezia, gli uomini di Hrubesch (che nel frattempo aveva preso le redini della squadra al posto di Dieter Eilts), privi per svariati motivi di giocatori del calibro di Kroos, Tasci, K.P. Boateng, Rosenthal, Hunt e Polanski, sono stati sorteggiati nel gruppo comprendente anche Spagna e l'insidiosissima Inghilterra. Dopo la prima gara molto tattica contro gli iberici, dalla quale era uscito uno scialbo nulla di fatto, benchè le occasioni migliori le avesse avute la Germania, la seconda partita proponeva una formalità, avendo di fronte una povera Finlandia, alla quale va comunque concesso l'onore delle armi, ma la cui presenza tra le otto è stata più che altro frutto di un disegno della sorte che le ha messo davanti avversari non all'altezza, nè nel girone nè ai Play-Off. Sbrigata non senza qualche patema d'animo la pratica finica, rimaneva un ultimo tassello da completare per garantirsi la presenza nelle semifinali; strappare un punto agli inglesi già qualificati, oppure giocare col pallottoliere nel caso di sconfitta e contemporanea vittoria spagnola contro gli scandinavi. La vittoria peraltro avrebbe significato primo posto, ma alla fine l'1-1 finale contro un Inghilterra fortemente rimaneggiata, ma che ha tenuto meglio il campo rispetto ai tedeschi in formazione tipo, ha accontentato tutti nel realizzare i rispettivi obiettivi. Senza brillare dunque, ma era certificato l'approdo al carrè finale e la sfida storica (a livello di selezioni maggiori) contro l'Italia era l'ultimo varco verso la finalissima. Una gara decisa da una solitaria incursione di Beck, ma disputata in apnea per almeno 45 minuti; il primo tempo nel quale la squadra di Hrubesch non ci ha capito nulla, venendo clamorosamente sopraffatta su tutte le palle alte; ogni calcio dalla bandierina del corner, ovvero una punizione dalla trequarti, diventavano patemi e sofferenze impressionanti per tutta la retroguardia capeggiata, per fortuna, da un Neuer superlativo. Passata la burrasca del primo tempo, nel quale l'Italia aveva conseguito almeno 6 occasioni nitidissime, la splendida saetta del terzino destro dell'Hoffenheim ghiacciava le vene ai polsi dei ragazzi italiani che perdevano di mordente e la partita si riequilibrava nonostante qualche altra schermaglia in area tedesca. Era addirittura la Germania che in un paio di contropiede sfiorava la rete (Ozil, a lato di poco dopo un'azione personale, e Dejagah, sfuggito in seguito ad un lancio di Ben Hatira ma persosi nonostante ci fosse un solo difensore a contrastarlo). Decisamente rivedibile la marcatura a zona sui tiri d'angolo e la disarmante angoscia sulle palle alte hanno causato un'abbondante mezza dozzina d'occasioni per gli avversari. Da ripassare tutti i movimenti offensivi per una compagine dal grosso potenziale, ma che sino ad ora pare essere quasi totalmente inespresso. Troppo attendista e passiva, sviluppa un gioco prevedibile e lento ogni qual volta è chiamata ad avanzare, e ancora non ha visto le sue migliori stelle brillare: parliamo di Ozil (europeo opaco) e Marin ( europeo negativo). L'assenza di un centravanti di ruolo (Wagner è una seconda scelta e nulla più) fa precipitare le cose rischiando di vanificare le poche azioni che la manovra predisposta da Hrubesch attua. Una coppia di difensori centrali abile e di livello non ha però limitato le immani sofferenze sulle palle alte da gioco fermo, ma questa è una problematica da risanare a livello tattico più che un difetto strutturale (Howedes e Boateng sono piuttosto alti e massicci), il recupero di Boenisch sulla sinistra è garanzia di corsa, duttilità oltre alle innate qualità di spinta. Khedira non si sa se verrà recuperato per la finale (assente contro l'Italia, il suo posto è stato preso da Castro, accentratosi per l'occasione) mentre si sa per certo che Ashkan Dejagah non ci sarà per una cervellotica decisione dell'arbitro portoghese Proenca che ha sventolato un cartellino giallo sotto il naso dell "iraniano" mentre era più logica l'assegnazione del calcio di rigore (pestone di Motta scambiato per simulazione dell'attaccante del Wolfsburg). Solo le qualità individuali hanno permesso di giungere a questo punto: il gioco di squadra non si è visto e contro i bianchi d'Albione potrebbero non essere sufficienti le doti di molti elementi proprio perchè anche gli inglesi abbondano di materia prima di qualità. Si attende ora l'ultimo atto nel quale il rivale è il peggiore che ci potesse essere, squadra massima favorita per la vittoria e che nel girone ha imposto un pari nonostante le numerose defezioni. Un duello nordico tra le due formazioni che si sono presentate ai nastri di partenza con i roster migliori e più attrezzati per portarsi a casa un trofeo che, per ciò che concerne i tedeschi, manca da sempre, e l'ultima finale fu persa proprio contro gli inglesi nel 1982 quando la squadra era ancora Germania Ovest.

mercoledì 17 giugno 2009



DICA...TRENTATRE!

Carrellata sui 33 migliori giocatori del campionato europeo under 21 che ha luogo in Svezia.




Un undici della Finlandia; gli scandinavi sono la grande sorpresa tra le 8 finaliste e per loro e la prima partecipazione assoluta alle fasi finali delle kermesse europea giovanile.



SERBIA:

GOJKO KACAR: uno dei tanti serbi a disposizione di Krcmarevic con all'attivo già
numerose presenze con la selezione maggiore. Arriva a questo europeo dopo la splendida stagione disputata con la maglia dell'Hertha Berlino. Ex difensore centrale ai tempi del "suo" Vojvodina (è nato a Novi Sad), può ricoprire diversi ruoli del centrocampo ed essere impiegato persino in un tridente offensivo, Qualita tecniche ed acrobatiche, corsa slanciata e carattere solido (due fratelli famosi ex pugili) fanno di questo giocatore classe 87 una delle più grandi attrattive di questa edizione.

ZORAN TOSIC: ne ha fatta di strada il ragazzo di Zrenjanin. Dal Proleter, poi diventato Banat in seguito ad una fusione, ai vertici serbi con il Partizan, trampolino di lancio verso il grande palcoscenico europeo offertogli da Sir Alex Ferguson che lo ha voluto alla sua corte insieme al fanciullo Adem Ljajic per un totale di spesa aggiratosi sui 14 mln di euro. Ma mentre il classe 91 Ljajic è rimasto ancora al Partizan a farsi le ossa, Zoran ha già assaggiato qualche scampolo di gara con la maglia dei "Diavoli Rossi" di Manchester. Ala sinistra, ma all'occorrenza anche destra, ha nella rapidità sul breve e nel dribbling fulmineo le sue peculiarità. Baricentro piuttosto basso (171 cm), fa leva sulle innate doti di fantasia in possesso della rinomata scuola slava. Già 13 presenze nella nazionale maggiore.

IVAN OBRADOVIC: classe 88, nativo di Obrenovac, a vent'anni è già un pilastro dell'Under e assiduo frequentatore della selezione maggiore allenata da Antic.
Terzino sinistro d'assalto dotato di velocità e classe; è richiesto da mezza Europa e pare che il Barcellona abbia più di un opzione sul talentuosissimo ambidestro del Partizan che può ricoprire indifferentemente il ruolo di ala sinistra.

NEMANJA MATIC: classe 88 gioca nel Kosice, ma nel campionato slovacco ci rimarrà ancora per poco. Un marcantonio di 194 centimetri che è già stato chiamato due volte da Antic nella nazionale maggiore; ad un fisico statuario unisce una tecnica di primordine. Direttore delle operazioni nel mezzo del campo, riesce spesso ad andare via in palleggio agli avversari, nonostante la mole.

MIRALEM SULEJMANI: più di 16 mln di euro sborsati dall'Ajax per aggiudicarselo dai connazionali dell'Heerenveen. Anche lui classe 88, anche lui già chiamato da Antic, il suo trasferimento è risultato il più caro mai avvenuto tra compagini dell'Eredivisie. Fisico massiccio,nonostante non abbia la stazza di un granatiere, potente negli arti inferiori, giocatore estemporaneo e tecnico, non ha però appieno giustificato la spesa affrontata dai lancieri; per il ragazzo di origini macedoni una stagione di luci ed ombre.

MILAN SMILJANIC: "Lola" per gli spagnoli dell'Espanyol (il nomignolo con cui è conosciuto in Catalogna e che porta sul retro della "camiseta" della squadra per cui gioca da 2 stagioni) è un centroampista centrale tecnico e dalla grande visione di gioco. Anche lui ex Partizan, essendo un classe 86 ha già avuto modo di far parte della precedente spedizione serba agli europei under 21 sotto l'egida di Miroslav Djukic. Nato a Kalmar (proprio in quella Svezia dove si disputano questi europei) poichè il padre nel 1986 era professionista laggiù, è uno dei fari della squadra di Krcmarevic; già adocchiato da Antic.



SVEZIA:

OLA TOIVONEN: nato a Degerfors nel 1986, questo gigante (è alto 1,89) dai piedi buoni ha giustamente fatto il salto in un campionato di livello come la Eredivisie ed in una squadra di primo piano come il PSV dopo le ottime annate in quel di Malmoe. Cognome di origine finlandese, biondissimo, farà parlare di se già da questo torneo avente luogo nella sua terra. Abile nel far salire la squadra, ottimo nelle sponde e dotato di piedi validi per assist e scambi di prima.

EMIR BAJRAMI: tecnico e veloce questo ragazzo ventunenne (nato nell' 88) di origini kosovaro-albanesi (è nato in Kosovo) ha tutto per emergere in questa edizione della manifestazione continentale. Gioca nell'Elfsborg ma presto lo vedremo indossare una casacca più prestigiosa.

MARCUS BERG: l'attaccante del Groningen classe 86 è una delle grandi stelle di questa kermesse. 183 centimetri di classe e fiuto del gol ne fanno un elemento completo e la caterva di reti marcate nei suoi due anni a Groninga sono la testimonianza che la caratura di questo svedese dagli occhi blu è davvero altissima. Una carriera folgorante gli si prospetta.



INGHILTERRA:

LEE CATTERMOLE: una delle sciagure del mercato estivo del Middlesbrough che si è privato di diversi elementi di spessore tra cui il giovane classe 88, passato al Wigan di Bruce per la modica cifra di 4 mln di euro, ed autore di una stagione fantastica. Centrocampista di rottura ma anche di costruzione, è l'elemento equilibratore del centrocampo di Stuart Pearce.

JAMES MILNER: receordman di presenze con l'under 21 inglese (ben 43), l'ala destra ha fatto ritorno al Villa Park dopo le stagioni al Newcastle. Ricopre tutti i ruoli di destra, compreso quello di difensore bloccato e non incursore (impiegato spesso da O'Neill), il suo posizionamento naturale è però quello sull'ala da dove scocca invitanti traversoni o si incunea nelle maglie delle difese contrarie. Professionista serio, sarà una stella di questa rassegna.

GABRIEL AGBONLAHOR: una carriera (ancora breve) tutta nell'Aston Villa, con due brevi fughe al Watford ed allo Sheffield Wednesday. Già preso in considerazione da Capello per i senior, il ragazzo di padre nigeriano fa della velocità la sua arma migliore. Preferisce muoversi centralmente o sulla destra, risulta devastante se gli viene lasciato campo per scatenare i suoi "cavalli".


MARK NOBLE: centrocampista centrale sagace e dal gioco lineare, può anche essere utilizzato sul versante di destra. Classe 87, nato nelle giovanili del West Ham dove tuttora gioca dopo fugaci esperienze altrove, è uno dei punti di forza dell'impianto di Gianfranco Zola. Titolare inamovibile nella squadra di Pearce di cui faceva parte anche nell'edizione europea del 2007, ha fatto tutta la trafila nelle altre selezioni giovanili inglesi.

THEO WALCOTT: Inserito da Eriksson nella squadra per i mondiali di Germania 2006 a soli 17 anni, è una delle stelle di questo europeo ed uno dei giocatori più affermati. Da anni stabilmente nelle grazie di Wenger, fa della velocità e del dribbling ubriacante le sue doti di spicco. Non molto alto (175 cm), é piuttosto fragile e quest'anno ha attraversato una stagione difficile anche a causa di infortuni che lo hanno perseguitato.

MICAH RICHARDS: potenza fisica fuori dal comune, di testa risulta un gigante pur non essendo altissimo, è il perno difensivo di questa nazionale giovanile inglese. Stagione in chiaroscuro al Manchester city, nel quale ha occupato spesso il ruolo di "right defender" (terzino destro) ma ha pagato anche lui la pessima e confusionaria gestione da parte del manager Hughes (riconfermato...). Uno dei migliori difensori di questo torneo.

KIERAN GIBBS: classe 89 e stessa squadra di appartenenza dell' omologo Walcott, ma differente posizionamento sul campo. Lui è un terzino sinistro piuttosto offensivo anche se nei Gunners è chiuso da Gael Clichy e quindi è la seconda scelta di Wenger. Da incubo la notte della semifinale di ritorno dell'ultima Champions League nella quale ha spianato la strada alla vittoria dei Red Devils con un comico scivolone su un banale traversone che ha dato via libera alla rete di Park Ji Sung. In questi europei invece, non solo è titolare del ruolo, ma potrebbe anche essere un grande protagonista della manifestazione.



GERMANIA:

MANUEL NEUER: portiere dalle grandi capacità e dall'altezza ragguardevole, ha debuttato con Loew nella nazionale dei grandi, ed è reduce da una stagione che a livello di club ha regalato davvero poche soddisfazioni (eufemismo). In lotta con Adler, Wiese ed Hildebrand per i 3 posti utili per il mondiale sudafricano, è, insieme allo spagnolo Sergio Asenjo, il miglior portiere delle otto finaliste.

ANDREAS BECK: terzino destro dell'87, in estate è passato dallo Stoccarda all'Hoffenheim ed ha disputato una prima parte di stagione davvero esaltante che ha condotto la matricola di Rangnick a lottare per il titolo. Il biondissimo laterale è una sicurezza nel ruolo, ed è già stato preso in considerazione da Joachim Loew.

SEBASTIAN BOENISCH: fisico impressionante (è alto 191 cm), il terzino sinistro del Werder Brema nato in Polonia è definitivamente esploso in questa stagione nella quale la sua squadra è stata protagonista nelle coppe. Imponente nelle discese offensive, generoso e qualitativamente interessante, sarà uno dei migliori terzini sinistri della manifestazione e le sue galoppate rimarrano epiche.

DENNIS AOGO: classe 87, di origini nigeriane, occupa il ruolo di centrocampista difensivo in maniera eccellente. Impiegabile all'occorrenza anche come terzino destro, ha un fisico che gli permette di reggere a qualsiasi urto; capacità tattiche fuori dal comune per la giovane età.

JEROME BOATENG: mamma tedesca e papà ghanese per questo stopper di 1 metro e 92 cm che gioca nell'Amburgo ed è praticamente impossibile da superare sia di testa che di piede. Rapido nonostante la mole, è il miglior "centrale" del torneo. Fratello di Kevin Prince: attualmente al Dortmund in prestito dal Tottenham ed ex Hertha.

PATRICK EBERT: centrocampista d'attacco dell'Hertha Berlino, è stato uno dei maggiori artefici dell'ottima stagione dei capitolini che poteva culminare con un inatteso posto in Champion's League ed in vita sino all'ultimo per il titolo. Preferisce agire sulla destra, è spesso presente nelle fasi conclusive delle azioni ed è stato elemento decisivo per i compagni di reparto nel proprio di club: Voronin e Pantelic.

SAMI KHEDIRA: di padre tunisino e madre tedesca, è uno dei centrocampisti più talentuosi della Bundesliga e grande attore nella splendida rimonta degli svevi che ha portato al meritato terzo posto finale sinonimo di preliminari di Champions League. Generalmente davanti alla difesa, nell'under 21 tedesca è accompagnato da Aogo. Ago della bilancia nelle fortune della squadra allenata da Hrubesch.

ASHKAN DEJAGAH: l' "iraniano" al centro di una polemica quando rifiutò di giocare una gara internazionale Under 21 contro Israele; rientrata in fretta la questione, è un tassello importante nello scacchiere di questa nazionale. Reduce dalla scorpacciata con il Wolfsburg, con il quale però quest' anno è spesso partito dalla panchina vista l'insclazabilità del trio Misimovic-Dzeko-Grafite. E' elemento tecnico e veloce, in grado di fare la differenza.

MESUT OZIL: nella cosmopolita Germania Under 21 non poteva mancare un ragazzo di origine turca. Il classe 88 del Werder, è un longilineo centrocampista d'attacco che solitamente ama disimpegnarsi sulla sinistra. Possiede doti tecniche elevate ma anche una certa discontinuità che non gli consente ancora di emergere appieno. Dopo una pessima finale Uefa, si è riscattato con la rete decisiva nella finale della Coppa di Germania contro il Borussia Dortmund. Ha una presenza con la nazionale maggiore.

MRKO MARIN: nato in Bosnia da genitori di etnia serba, si è formato all' Eintracht Francoforte, ha debuttato da Senior con il Borussia Monchengladbach, ed ora è al centro di un'asta di mercato che coinvolge Werder Brema ed Amburgo.
Minuto (170 cm) e velocissimo, è un dribblomane incallito: il classico funambolo atto a destabilizzare le retroguardie avversarie: sarà uno dei massimi protagonisti di questa edizione.

GONZALO CASTRO: nome e cognome iberico ma nato a Wuppertal nel 1987. Terzino destro o ala destra è un giocatore brevilineo e dotato tecnicamente; annovera una manciata di gettoni nella nazionale maggiore. Punto cardine del Leverkusen in cui gioca praticamente da sempre, non può non esserlo nella selezione minore.



SPAGNA:

JAVI MARTINEZ: centrocampista di 190 cm dalle grandi progressioni e dall'ottima visione di gioco, è l'unico rappresentante dell'Athletic Bilbao inserito nei 23 che fanno parte della spedizione svedese. Classe 88, cresciuto nell'Osasuna, e insieme a Susaeta (assente a questi europei) il miglior giovane dei baschi.

RAUL GARCIA: prodotto della "cantera" dell'Osasuna anch'esso, da due anni in pianta stabile nell'organico dell' Atletico Madrid e frequentatore assiduo dell'under 21 iberica. Centrocampista di contenimento, non è mai troppo esuberante dal punto di vista estetico ma dà sempre il suo contributo.

BOJAN KRKIC: voluto da Radomir Antic per indossare la maglia della Serbia, madre patria del padre, lui ha rifiutato per poter indossare la casacca delle furie rosse. Catalano di Lleida (Lerida), cresciuto nella cantera azulgrana, ha rappresentato la Spagna a tutti i livelli giovanili vincendo un campionato europeo under 17 e risultando uno dei migliori talenti al mondiale di categoria disputato in Sud Corea (2007) e nel quale la Spagna chiuse seconda dietro la Nigeria non senza qualche rimpianto (sconfitta ai rigori). Quest'anno ha fatto il pieno col Barcellona, ma le voci di mercato lo danno vicino al Valencia dal momento che Unai Emery è un suo grande estimatore e il classe 1990 al Barcellona risulta piuttosto chiuso.

SERGIO ASENJO: classe 89, nativo di Palencia, ha speso tutta la fin qui breve carriera al Valladolid. E' un portiere dal grande presente e dal radioso futuro. Protagonista di tutte le selezioni juniores e destinato a cambiare maglia quest'estate viste le numerose proposte giunte alla dirigenza vallisoletana. Unitamente a Neuer si giocherà il fregio di miglior "guardameta" della competizione.

DIEGO CAPEL: andaluso di Albox, il 21enne funambolo del Siviglia è un'ala sinistra ficcante e nelle giornate di vena diventa incontrastabile. Purtroppo, l'incostanza ed una certa scarsa maturazione, ne fanno ancora un prodotto ibrido e che deve esser modellato per raggiungere il livello che la sua classe richiederebbe.
Anche lui è già stato onorato dalla camiseta delle Furie Rosse sotto la direzione di Del Bosque. Se troverà l'agognata continuità diventerà un punto fermo nell' immediato futuro del calcio spagnolo.

ESTEBAN GRANERO: madrileno e madridista. Classe 87, in bacheca ha messo un titolo europeo under 19 nel 2006. Elemento dal gran piede, ha disputato una stagione 2007-08 decisamente superba nelle file del Getafe, quando insieme ad elementi del calibro di De la Red e Pablo Hernandez (ma anche Gavilan e Casquero) componeva una linea mediana di assoluto valore. Questa stagione c'è stata una salvezza sofferta ma meritata, ed ora questi europei per segnalarsi come uno dei più forti centrocampisti giovani del continente.


AI 33 SI DEVONO ADDIZIONARE 4 ITALIANI (A MIO AVVISO): GIOVINCO, BALOTELLI, DE CEGLIE ED ACQUAFRESCA E MERITANO MENZIONE ANCHE LE NUMEROSE DEFEZIONI DI POSSIBILI GRANDI PROTAGONISTI PER VIA DI IMPEGNI CON LE NAZIONALI MAGGIORI, INFORTUNI O MISTERIOSE SCELTE TECNICHE.


ECCONE LA LISTA:

KUZMANOVIC, SUBOTIC, BABOVIC, HUDDLESTONE, LENNON, O'HARA, WHEATER, TASCI, KROOS, KEVIN PRINCE BOATENG, PIQUE', BUSQUETS, MATA, SERGIO RAMOS, FABREGAS, SILVA (QUESTI ULTIMI TRE HANNO ORAMAI DEFINITIVAMENTE E DA TEMPO FATTO IL SALTO IN...ALTO) ROSSI E SANTON.














lunedì 1 giugno 2009




BLEU, BLANC ET...

BORDEAUX !!!




Dopo 10 anni esatti arriva il sesto scudetto per i girondini sotto la guida maestra di un giovane tecnico che, benché alle prime armi, ha saputo incidere quanto un consumato veterano.



La gioia è quasi...inattesa...!



"Les bleus, les blancs, les bleus, blancs rouges..." intonavano i tifosi francesi durante i mondiali sotto il sole cocente di "Espana 82".
Ora il motto potrebbe tranquillamente adattarsi alla realtà "bordelaise" sostituendo il "rosso" con il "bordeaux", colore che è anche quello di una varietà del vino della regione e che a sua volta deriva dalla splendida città affacciata sull'Atlantico francese meridionale. Il "bianco" invece è incarnato nel vero artefice di questo inatteso exploit: quel Laurent...Blanc, che al secondo anno al timone, e in qualità di neo allenatore professionista, ha centrato un obiettivo che solo ad inizio anno appariva pura chimera e che sembrava ancora appannaggio dei solidissimi savoiardi dell'Olympique Lyonnaise, monopolizzatori della Ligue 1 da 7 lunghissime annate.

Ma siccome la crisi del settimo anno colpisce anche in ambiti estranei a quelli amorosi, ecco che le titubanze dei protetti del presidente Aulas, sono state lo stimolo per lo sviluppo di un torneo emozionante come non si vedeva da tempo; esitazioni che hanno partorito un concitato finale, vissuto sul duello testa a testa tra Bordeaux, per l'appunto, e Marsiglia, ritornato seriamente in auge per lo scettro di campione di Francia.
Seminate via via le altre pretendenti (PSG, Tolosa, Lille e Rennes), che come sciacalli puntuali si erano gettate sui resti lasciati dal Lione, eliminato virtualmente anche il campione (nello scontro diretto di Bordeaux) alla 32esima giornata, lo stesso Lione ha dato una spinta decisiva verso la consacrazione dei girondini andando ad espugnare il "Velodrome" a 3 turni dal termine e così spianando la strada alla truppa del condottiero di Alès: un Blanc costantemente accompagnato dallo stuzzicadenti, inseparabile e torturato amico di venture.
La ciliegina, che di solito segue la torta, era invece arrivata qualche tempo prima, con la vittoria debordante in coppa di Lega contro i bretoni del Vannes, stanziali della Ligue deux, e che rendeva già di per se la stagione decisamente dal segno più, visto che andava ad associarsi alla conquista agostana del "Trophée des Champions" (la supercoppa nazionale nella denominazione transalpina) contro i campioni di Francia del Lione.
Nessuno poteva immaginare che la torta fosse di sifatte proporzioni, visto che bissare la qualificazione alla prossima Champions League era un premio già di per se appagante per i ragazzi del presidente Triaud.
Ma siccome l'appetito vien mangiando e se lo si può stimolare con un buon vino...Bordeaux tanto meglio, ecco che quello che ad inizio anno doveva essere un pasto corposo e nulla più, il sabato 30 maggio 2009 alle ore 22.50 circa, si era trasformato in un banchetto regale con tanto di spruzzata di...champagne finale.

Quali stelle? Quante stelle? Chi ha siglato questa incerdibile vittoria e interrotto la storica scia del Lione?

Innanzitutto un pò di numeri: 80 punti finali in virtù di 24 vittorie, 8 pareggi e solo 6 sconfitte. Secondo miglior attacco dietro al Marsiglia, 38 reti arrivate da tre giocatori (Chamakh, Cavenaghi, Gourcuff), 11 vittorie consecutive sino alla chiusura nell'ultima giornata in quel di Caen tra cui la serie 7 vittorie consecutive in casa. Un finale di stagione da rullo compressore e una recita completa in cui spicca il premio come miglior centrocampista della stagione assegnato all'ex milanista, la seconda media-voto come miglior attaccante per Chamakh (preceduto solo da Gignac, bomber devastante del Toulouse e del torneo), e la terza media-voto come miglior difensore per il senegalese Souleymane Diawara (inserito quindi nel miglior undici dell'anno).

Tanti protagonisti, uno su tutti: quel Yohan Gourcuff che sotto consiglio paterno ha scelto il prestito al Bordeaux, trasferimento che si è rivelato vitale per la propria stagione e per le fortune del club, che da pochi giorni lo ha giustamente riscattato per una somma vicina ai 15 mln di euro.
Giocatore dell'anno nella Ligue 1, nell'undici ideale della stagione, ha suggellato nel migliore dei modi un' epopea iniziata in agosto con la prima di nove selezioni in nazionale. Annata di soli "alti" per un centrocampista a tutto tondo che il prossimo anno potrà nuovamente e più compiutamente esibirsi nel palcoscenico europeo di maggior rilevanza, avendo i galloni del condottiero conquistati sul campo.

Tanti altri nomi si sono però affacciati nella cavalcata vincente 2008-2009.
Marouane Chamakh, il bomber marocchino di Tonneins che oltre al contributo di reti ha continuativamente esibito in grande quantità, classe e velocità.
Alou Diarra, il mediano che a Lione non si era imposto e che in riva alla Gironda ha ritrovato le ispirazioni dei tempi di Lens.
Il già citato Diawara, autentica sorpresa e che dopo la retrocessione il Championship col Charlton nessuno pensava potesse divenire un autentico pilastro della retroguardia girondina.
Il veloce attaccante Gouffran: classe '86 e che dopo 5 stagioni con il Caen ha determinato, con la rete nell'ultima giornata, il titolo per la propria squadra e decretato la retrocesione del suo vecchio club.
Il brasiliano Fernando, antica conoscenza dei lidi italiani e che da anni è un uomo cardine dello scacchiere aquitano.
Il ritrovato Cavenaghi, uomo dei sogni proibiti per molte "europee" ai tempi del River, e sbarcato in riva all' Atlantico dal campionato russo e da quello Spartak Mosca nel quale il suo talento sembrava esser finito ai margini e la sua verve di attaccante di razza ibernatasi nel gelo moscovita. Appena giunto a Bordeaux ha faticato, ritrovando però poco a poco lo smalto perduto, e confermandosi cannoniere puntuale. Permanenza a Bordeaux che gli ha persino fatto ritrovare l' albiceleste.
Il capitano e portiere Ramè: uomo simbolo e "gardien de but" storico della squadra da oramai 12 lunghissimi anni.
Mathieu Chalmé: brevilineo terzino destro che impressionò ai tempi del Lille e che a Bordeaux ha coronato il suo sogno di diventare campione di Francia.
Gli altri brasiliani: Wendel, Carlos Henriquee e Jussie (sempre incisivo sulla sinistra).
Il terzino sinistro Trèmoulinas ed il centrale di destra Planus, entrambi cresciuti nel fulgido vivaio della squadra aquitana e titolari inamovinili nel finale di fuoco.
Il 19enne Sertic, lanciato a sorpresa nell' ultima fase della stagione.
L'attempato terzino Jurietti, meritorio ogni qual volta Blanc ha usufruito dei suooi servigi.
L'ex enfant prodige David Bellion, reduce da annate incolori in Inghilterra e rilanciatosi al caldo di Nizza.

Insomma: un collage di uomini (ne ho omesso qualcuno) trovatisi al momento giusto al posto giusto e con un sommelier d'eccezione, che all'assaggio ha decretato che quest'annata di Bordeaux era proprio una deliziosa, oseremmo affermare, quella migliore da dieci anni a questa parte...!!!