martedì 28 aprile 2009


HIDDINK METTE IL CHELSEA

 IN...GUARDIOLA!


Il tecnico olandese costruisce una gara di difesa anche se negli ultimi 100 metri rischia di saltare il congegno fino ad allora sapientemente preparato dal selezionatore della nazionale russa.


Emblematica immagine di Messi, guardato a vista ed imbrigliato per tutta la gara.



Barcellona-Chelsea prometteva mari e monti, ma al tirar delle somme la partita si chiude ricalcando il copione visto già dopo pochi minuti di gara. Un Chelsea organizzatissimo nella fase distruttiva e perfettamente a suo agio nel chiudere spazi privando di fonti il classico gioco azulgrana che, mortificato dalla perizia tattica degli uomini di Hiddink, finisce per impoverirsi nella manovra cosicché i padroni di casa si affidano per lo più a stucchevoli tiri dalla distanza per battere un insuperabile Cech. Il motore del Barca è costretto ad andare sotto giri come non è abituato dagli " sparring partner " che settimanalmente le propina questa disarmante Liga 2008-09.
Al primo vero grandissimo banco di prova (non che Lione e Bayern fossero passeggiate, ma gli inglesi sono tutt'altra cosa) quindi, la squadra di Pep Guardiola sbanda dai consueti binari offrendo una prova tutta impegno ma poca sostanza.
Il finale di gara riabiliterà il Barcellona "liguero" che nel recupero 
(5 minuti: peraltro davvero inconsistenti visti i "cataclismi" accaduti nella ripresa) va un paio di volte vicinissima al successo, ma prima Bojan Krkic riconferma ancora una volta (se ce ne fosse bisogno) tutti i suoi limiti di personalità, alzando incredibilmente di testa sopra la traversa e da due passi un perfetto traversone di uno scatenato D.Alves, e due minuti dopo Hleb, a tu per tu con un ottimo Cech si fa ammaliare dal ceco che in disperata uscita bassa chiude pregevolmente in corner il tentativo del bielorusso, peraltro agevolato da Ballack incredibilmente a terra in area e che tiene in gioco l'azione blaugrana dipanatasi dalla metacampo ( il Barcellona è la seconda volta che non ferma l'azione con un giocatore londinese accidentato in area...). Prima di questa fiammata finale c'erano state solo due occasionissime per parte: una per il Chelsea alla fine del primo tempo con Drogba solo e centrale davanti a Victor Valdés sfruttante un grossolano svarione in appoggio di uno sfortunato Marquez (uscirà nella ripresa per un infortunio al ginocchio procurato senza "aiuti" avversari) ma si fa ipnotizzare dal catalano per due volte e al 70° Eto'o che dopo una cavalcata solitaria da centrocampo, in una delle poche leziosità e dei rarissimi sbilanciamenti tattici del Chelsea, colto con la difesa alta, nonostante sia ostacolato da un superbo Alex, dribbla il verdeoro per poi colpire Cech in uscita disperata. Nella cronaca si dovrebbe conteggiare anche una strattonata di Bosingwa in area di rigore su Henry, episodio piuttosto dubbio accaduto nella ripresa, ed un offside inesistente fischiato ad Eto'o nel primo tempo mentre il camerunense se ne stava andando solo soletto verso Cech.
Il resto della contesa è stato un dominio catalano pressoché sterile che ha portato a qualche tiro velleitario dalla distanza e tanta pressione esercitata sulla difesa londinese. Terza linea che anche grazie ad un centrocampo votato al grande sacrificio ed alla enorme efficacia, ha disinnescato in partenza le armi spagnole.
Chlesea molto stretto e pronto a ripiegare in massa, accerchiando anche con quattro uomini i fornitori di gioco blaugrana: Xavi, Iniesta e Messi.
Le tipiche imbucate centrali dei tre talentissimi di Guardiola sono state previste in anticipo dai centrali in maglietta gialla, sempre tempisti nell' accorciare con grande spirito di abnegazione e aiutati dal raggruppamento dei due terzini e dal retrocedere dei vari Ballack, Mikel in prima battuta ma anche di Lampard ed Essien, sempre molto compatti nel non perdere le misure a centrocampo.
Come a Tokio nell'ora di punta, la tanto attesa "Pulce" è sparita nel groviglio di maglie gialle, attirata in un imbuto insieme alle altre due " basi catalane di sviluppo di gioco ed idee " : Iniesta e Xavi hanno sì scambiato di prima e cucito il gioco, ma mai è scoccata la scintilla che potesse incendiare le frecce offensive e lo stadio zeppo di tifosi.
Il 4-2-3-1 del " Mago " olandese ha però sacrificato le enormi risorse di un Drogba comunque in palla e con lo spirito giusto per lottare su ogni sfera, ma onestamente nessun' altra tattica sarebbe stata più efficace. L'ivoriano, tanto solo lì davanti, si è comunque reso protagonista di qualche spunto personale, tenendo su la squadra quando ha potuto e assecondato da un Malouda che in alcuni frangenti della gara ha ricordato la versione dei tempi migliori: quelli lionesi. Il francese ha saputo incidere sulla corsia di sinistra sfruttando le falle aperte dalla spregiudicatezza di un Daniel Alves peraltro devastante nelle discese offensive. Il sipario ha poi pensato di farlo calare proprio l' ultimo uomo della trincea predisposta dal selezionatore russo: un Cech superlativo ha infatti impedito che i sogni blaugrana prendessero corpo. Quando è stato chiamato in causa ha sempre risposto, e a parte un piccolo svarione in un'uscita aerea nei primi minuti di gara, ha parato quattro tiri degli spagnoli compiendo pure due miracoli su Eto'o e Hleb ed effettuando una serie di altri interventi risolutori in area di rigore oltre ad infondere fiducia e garanzie alla squadra.
Il Barcellona, stordito dall' assenza di occasioni, si è perso anzitempo per strada e man mano che i minuti scorrevano la squadra di Guardiola perdeva le abituali certezze; per la prima volta in questa stagione l'undici del presidente Laporta ha capito cosa volesse significare il termine impotenza. Le goleade della Liga e contro Lione e Bayern nei turni precedenti sono state un lontano ricordo in una serata che rimarrà stampata nei manuali mondiali di tattica difensiva.
Il Chelsea è riuscito a spegnere la luce ad un Barca sin qui debordante sia in campionato che in Europa, soffrendo il giusto, limitando completamente stelle quali Messi, Xavi ed Iniesta e arginando quasi totalmente i due "blacks" del tridente offensivo, Henry ed Eto'o. Il tutto pur affrontando una squadra al completo, mentre i Blues potevano invocare le defezioni del terzino sinistro titolare Ashley Cole (rimpiazzato da Bosingwa), del lungodegente Joe Cole, di Deco (benché con Hiddink non corra buon sangue) e del centrale Ricardo Carvalho, anche se Alex oltre ad essere un fenomeno come sempre (è un mio pallino, mi perdonerete l'aggettivo) questa sera è stato gigantesco in tutti i sensi.
In sostanza: Hiddink ha dato una bella lezione di contenimento tattico ad un avversario che di suo è straripante e se non arginato a dovere rischia di tracimare come ben sanno tutte le squadre inondate dal gioco di questo Barcellona.
Il ritorno però potrebbe essere un'altra storia, il Chelsea dovrà pur fare qualche mossa e non vorrei che qualcuno mettesse una..."Pulce" nell'orecchio del "Santone" venuto dalla terra dei tulipani: "Pulce" che potrebbe rivelarsi piuttosto fastidiosa...! 

PAGELLE:

BARCELLONA: 4-3-3

VICTOR VALDES: 6,5
D.ALVES: 7,5 - MARQUEZ: 5 (PUYOL: S.V.) - PIQUE': 5 - ABIDAL 6
XAVI: 6 - YAYA TOURE: 6 - INIESTA: 6,5
MESSI: 5,5 - ETO'O: 6,5 (KRKIC : 5) - HENRY: 6,5 ( HLEB: 6)

CHELSEA: 4-2-3-1

CECH: 7,5 
IVANOVIC: 7 - TERRY: 8 - ALEX: 8 - BOSINGWA: 7
BALLACK: 6 (ANELKA: S.V.) - MIKEL: 6,5
ESSIEN: 6,5- LAMPARD: 5,5 (BELLETTI: 6) - MALOUDA: 6,5
DROGBA: 6,5 

 
  

 

lunedì 27 aprile 2009

IL 18...: NON LO RIFIUTO...!

Merengues arrivate al 18esimo risultato utile consecutivo: 17 vittorie ed il pari interno nel derby con l'Atletico. Ma adesso c'è Messi...!

Ramos ritorna a "casa" accolto al grido di traditore: ma il tecnico 54enne ha rivitalizzato le speranze di titolo del Madrid da quando si è insediato sulla panchina "Merengue".


L' ultima gara con Schuster in panchina fu quella interna col Siviglia che si impose al Bernabeu con l'insolito punteggio di 3 a 4. Sino ad allora Bernardo aveva portato in dote 2 pari e 4 sconfitte a fronte di otto successi e un cammino a singhiozzo in Champions League.
Dall'insediamento dell' ex tecnico di Malaga, Espanyol e Betis tra le altre, la marcia dei "blancos" è pura quasi come il colore delle loro magliette. Messa da parte la sberla presa la debutto del tecnico proprio al Camp Nou (2-0), la Liga ha visto un susseguirsi di semafori verdi al passaggio degli uomini della capitale. Solo i rivali cittadini storici dell' Atletico hanno imposto il pari (andando molto prossimi al successo). In Europa la sinfonia non è stata la stessa come ben sappiamo, ma concentrando le attenzioni solo sulla competizione domestica non si può non sottolineare che dal 14 dicembre scorso la squadra non soccombe più.
Dalla 16° giornata e dalla vittoria interna sul Valencia alla 33° con la scorribanda a Siviglia, in ben 18 turni la squadra ha marcato per 44 volte ed ha subito l' irrisoria cifra di 9 reti.
Appena tornato in Spagna dopo l'ingloriosa esperienza al Tottenham, Ramos ha riordinato i dati ricordandosi di essere allenatore di successo e la sua mano ha inciso nel risistemare una squadra allo sbando nella Liga (e non solo) nella prima parte di stagione sotto la gestione Schuster.
Il mercato di gennaio ha portato in dote un favoloso Lassana Diarra, fortissimamente voluto dal tecnico manchego, e l' artigliere Huntelaar, che dopo un primo periodo di rodaggio sembra essere tornato il "cacciatore" che si conosceva ai tempi dell' Heerenveen e dell'Ajax. Il prestito di Faubert è servito più a far numero e rimpolpare la rosa, debilitata dalle continue e pesanti defezioni.
Proprio le assenze gravi di numerosi elementi non hanno impedito al Madrid di issarsi a solo 4 punti dai rivali nazionali del Barcellona con la concreta possibilità di arrivare ad un solo punticino di distacco se al termine di domenica prossima il segno sulla "Quiniela" sarà 1. Il tutto sarà ancor più possibile approfittando dell'impegno infrasettimanale dei Blaugrana.
Nell'arco di pochi mesi, come ricordavo, gli infortuni hanno costellato la stagione 2008-09 del Madrid, che ha dovuto mano a mano rinunciare a diversi pezzi da 90 della propria rosa. 
Il fragile Robben è mancato all'inizio e poi si è notata abbondantemente la sua presenza, Van Nistelrooy assente da novembre ha chiuso la sua stagione anzitempo, stesso discorso per la diga maliana Mahamadou Diarra, l'ex getafense De la Red dopo un collasso in seguito ad una sincope è stato precauzionalmente escluso per il resto della stagione in attesa di novità mediche. Oltre agli infortuni vi è anche la recente "pazzia" di Pepe che priverà il Real del forte luso-brasiliano per lo sprint finale.
Argomenti sufficienti per destabilizzare l'allenatore che invece è riuscito a compattare la squadra che benché quasi mai abbia applicato i dettami di gioco che il tecnico mostrava in grandi dosi al Siviglia, ha recepito l'idea che per stare attaccati a quasto Barcellona bisognasse lottare su ogni campo e farlo sino all'ultima goccia di sudore.
Ora arriva il banco di prova più delicato: ospitare quel Barcellona tritatutto che però potrebbe arrivare provato fisicamente all'appuntamento (non da escludere anche psicologicamente). Poi le asprezze del calendario continueranno: se per il Barcellona l'unico vero ostracolo prevedibile dovrebbe essere un Villarreal ancora in corsa per il posto Champions, i blancos dovranno fare visita prima al Valencia e poi al "richiestissimo" (in questo scorcio finale di stagione) Villarreal. 
Come a dire: arrivare ad un punto battendo Guardiola, è solo l'inizio della scalata finale verso la terza Liga consecutiva.

 
 

C'ERA UNA VOLTA LA SQUADRA PIU' FORTE DEL MONDO: IL SIVIGLIA!

L'involuzione di una società che tra il 2006 ed il 2007 ha incamerato 5 trofei risultando per i due anni consecutivi ai vertici della classifica di miglior club del mondo secondo le statistiche dell' IFFHS (Istituto Internazionale di Storia e Statistica del Calcio).

Il "ricevimento" avuto da "Juandollars" Juande Ramos da parte del pubblico del Sanchez Pizjuan.



C'era una volta, neanche tanto tempo fa, una squadra andalusa che in due anni sorprese il mondo intero rimpinguando la propria bacheca con più trofei di quanti ne avesse conquistati in una storia nata nel 1905.
Ad un anno esatto dal centenario infatti, arrivò la prima finale europea dopo una cavalcata eslatante che ebbe l'apice nella semifinale di ritorno giocata contro i tedeschi dello Schalke 04, decisa ai supplementari e resa dal tempo ancor più epica grazie ad un magnifico fendente del compianto Antonio Puerta. 
La finale fu vinta perentoriamente (4-0) contro gli inglesi del Middlesbrough e diede il via ad una serie di successi che si conclusero con il rocambolesco successo nella Supercoppa di Spagna del 2007 scippata al Real Madrid con un 5-3 spettacolare al Bernabeu dopo il vantaggio risicato ottenuto al Sanchez Pizjuan (1-0). Nel mezzo, la Supercoppa Europea contro il Barca spazzato via per 3-0 nella gara del Principato di Monaco, il bis europeo ai rigori contro l' Espanyol e la Coppa di Spagna avversario il Getafe preceduta di pochi giorni dal terzo posto finale in una Liga condotta ai vertici e sino all'ultimo contesa a Barcellona e Real, che poi se la aggiudicò. Podio "liguero" che consentì di entrare nel tabellone della Champions League 2007-08 dopo aver espletato la formalità AEK Atene nel turno preliminare. Il condottiero di quelle campagne nazionali ed estere fu quel Juande Ramos che in due anni di gestione aveva ridato lustro ad una società storica e vigore al tifo di sponda biancorossa in una città calorosa ma troppo tesa a considerare il derby cittadino come lo zenit della stagione.
Il proseguimento dell' era europea nella competizione maggiore coincise però con il brusco addio del tecnico manchego attratto dall' enorme quantità di sterline provenienti da White Hart Lane e da allora etichettato come "pesetero" da parte del pubblico "sevillista", tanto che prima dell'inizio della gara col Real sono stati gettati sul campo migliaia di biglietti rappresentanti dei dollari con la faccia del buon Juande stampata ed una scritta "tan pobre que solo tienes dinero". 
La squadra fu affidata allo storico difensore degli anni '80-'90 Manolo Jimenez, sino ad allora alla guida del Siviglia Atletico, la formazione riserve portata da lui stesso alla Segunda A. Jimenez però terminò l' avventura europea negli ottavi contro i turchi del Fenerbahce e la delusione per non aver potuto sfidare il Chelsea nei quarti non fu certo mitigata dal raggiungimento del quinto posto nella Liga, utile solo alla riconferma europea, ma nella seconda competizone per importanza.
I sintomi del ridimensionamento già intuitisi nel corso della stagione presero però corpo nel mercato estivo 2008 quando il presidente Del Nido sempre pronto a polemizzare contro l'acerrimo rivale cittadino (quel Ruiz de Lopera travolto da tanto Siviglia ed incapace di prendere contromisure per il suo Betis se non le invettive di impotenza e frustrazione rivolte ai "nervionenses" a condimento di due campionati chiusi rispettivamente al sedicesimo e tredicesimo posto), si affrettò a vendere al miglior prezzo possibile alcuni dei propri gioielli nonché elementi cardine della struttura della compagine da lui presieduta. Partirono così per la Ciudad Condal il centrocampista maliano Seydou Keita venduto per 14 mln di euro e la "freccia" brasiliana Daniel Alves, che dopo un lungo tira e molla giunse alla corte di Pep Guardiola per 29 mln di euro più altri 6 legati a fattori quali presenze, performances ed altro. Partì anche Poulsen alla volta di Torino per circa 10 mln: un giocatore che nei due anni trascorsi in terra andalusa incise parecchio nelle fortune della squadra avendo avuto il vantaggio (per la società) di essere arrivato a costo zero dallo Schalke. Del Nido, sempre molto attento alla diatriba coi cugini betici ed a non lasciare vuoto il proprio salvadanaio, pensò che alla squadra bastassero gli innesti di Fernando Navarro, Squillaci, Lautaro Acosta, Konko e Romaric per colmare le partenze:ma ciò determinò l'inizio della fine. Perchè è di "fine di ciclo" che si deve parlare: fuori dalla Coppa Uefa ancor prima di arrivare alla fase ad eliminazione diretta, nella Liga al ribasso di quest'anno, dopo alti e bassi, si era attestata al terzo posto utile ad entrare direttamente nella fase a gironi della prossima Champions, ma la quarta sconfitta di seguito patita ieri sera contro le merengues ha rimesso in gioco sia un redivivo Valencia che il Villarreal oramai scevro da altre occupazioni. Sconfitta facente seguito alla pessima immagine destata a metà settimana al Camp Nou in una serie iniziata in casa contro il Getafe e proseguita al Mestalla di Valencia.
Un calendario che, a parte il prossimo scontro diretto con il Submarino Amarillo, sarà pressoché in discesa, a differenza delle rivali dirette: quello degli uomini di Pellegrini è infatti da incubo (dopo il Siviglia in casa si andrà al Camp Nou per poi ospitare Real e Valencia in un derby che potrebbe giocarsi col coltello tra i denti per l' ultimo posto Champions) ma anche Emery avrà i suoi pensieri ( Real e Villarreal ma anche un Espanyol col vento in poppa e con la bava alla bocca per la permanenza nella Liga ed un Atletico dal calendario non proibitivo e che potrebbe non aver ancora detto l'ultima parola né abdicato per la quarta piazza).
Ciò non toglie che la "pauperrima" sensazione offerta dal gioco dei "sevillanos" ed il mastodontico distacco dalla seconda (21 punti) sembrano volerci indicare di mettere un'altra pietra sopra sulla terza forza di questa Liga al di là di come culminerà la stagione e constatare che il biennio da squadra rivelazione del mondo intero sembra appartenere ad un secolo fa; sempre che il buon Del Nido non voglia...raccogliere i dollari gettati in campo dal proprio pubblico e...mettendosi una mano sulla coscienza e l'altra sul portafogli non decida che sia il momento di rinfocolare gli animi dei "seguidores" andando a setacciare il meglio del mercato mondiale compreso quello del parco allenatori.  

martedì 7 aprile 2009

PORTO D'ANNATA!

Lusitani splendidi e splendenti conducono in...porto la gara dopo una prestazione memorabile che avrebbe meritato miglior sorte.

Mariano Gonzalez nasconde la palla sotto la maglia dopo aver realizzato il gol del 2-2 finale.Sulla sua destra Lisandro Lopez ed Hulk.



All'atto dei sorteggi si è sempre propensi a sottostimare le carte da giocare a disposizione di questa squadra che ha l'unico difetto di non fare parte di un campionato di vertice e quindi automaticamente viene aprioristicamente esclusa dal gotha calcistico continentale.
La prestazione sciorinata stasera, di una luce abbagliante, va invece annoverata tra le più spettacolari ma meno redditizie (in fatto di risultato) della storia di questa competizione rifondata nel recente 1992-93 con l'introduzione della fase a gironi.
Il gruppo G della fase a gruppi, nel quale erano inquadrati i "Dragoes", aveva già decretato la superiorità dei biancoblu di Jesualdo Ferreira che si erano lasciati alle spalle l'Arsenal, la Dynamo Kyiv ed i turchi del Fenerbahce: un girone complesso e che vede ancora vegete ed in giro per il vecchio continente le altre due compagini fuoriuscite da quel quartetto.
Ma la squadra della città adagiata sul fiume Douro che sta sbaragliando la concorrenza interna da tre stagioni e si appresta a farlo nell'attuale, ha spiazzato tutti i pronostici della serata andando ad imporre ritmo, gioco ed occasioni nella tana dei detentori del trofeo, anche se ha racimolato solo un "misero" e tardivo pareggio in un teatro (...dei sogni) in cui ha rubato per quasi tutti e novanta i minuti di gioco la scena.
Accelerazioni, fraseggi corti e prolungati, tagli ed inserimenti, cambi di campo e di ritmo, sapienza tecnica, mentalità offensiva e coerenza tattica hanno spalancato agli occhi del mondo una squadra che, stante il momento di forma attuale, rischia di candidarsi seriamente a far rivivere i "brividi" ai propri tifosi ed anche a quelli delle squadre opponenti, esattamente come quella di cinque anni orsono.
Un primo tempo bizzarro e la beffa dell' "autogol" (perché così dev ' essere classificata l'enorme gaffe) del centrale Bruno Alves ha paradossalmente rafforzato la tenacia dei "nordistas" che hanno continuato a macinare gli avversari incuranti della sciagura (sportiva) abbattutasi; la fluidità di manovra mai venuta meno ha portato in dote un'altra manciata di occasioni dopo quelle del primo quarto d'ora.
La squadra fonda le proprie fortune su un modulo altamente offensivo, che non è stato cangiato precauzionalemente per l "incontro col mostro" e l'opportunità di andare a prendere i "fenomeni" sino alla loro area di rigore, se ha pagato seppur parzialmente in fatto di score, ha permesso a tutto il globo pallonaro di godere di una partita elettrizzante e di gustarsi una squadra deliziosa e senza discrezione alcuna.
Il modulo è il 4-3-3, anche se occasionalemente si predilige il più austero e classico 4-4-2, ed è caratterizzato da grande mobilità e dalla marcata presenza sudamericana: più della metà nella rosa (13 su 24) e qualcuno si è perso per strada nel mercato invernale.
Ferreira schiera l'incostante brasiliano Helton in porta, il romeno Sapunaru (o 
l' indisciplinato l'uruguaiano Fucile, che può disimpegnarsi anche dall'altro lato) a destra, la scoperta francese (origini senegalesi) Cissokho a sinistra che ha spodestato l'argentino Benitez.
Dei quattro centrali presenti, tre giocano più spesso; si tratta di Bruno Alves, Rolando e Pedro Emanuel, mentre il serbo Stepanov funge da riserva.
Il centrocampo prevede un terzetto che difficilmente viene scalfito dalla guida tecnica: in mezzo il brasiliano Fernando Reges a destra Luis (Lucho) Gonzales ed a sinistra il tatauatissimo Raul Meireles. Quando si opta per i 4 centrocampisti si aggiungono Lucho ovvero Meireles a Fernando, inserendo l'argentino Tomas Costa od il colombiano Fredy Guarin a secondo del lato lasciato scorperto dalla trasmigrazione in centro di Lucho o di Meireles.
Il tridente offensivo, oramai consolidato, verte sulla maestria tecnica e la rapidità nelle giocate dell'uruguaiano ex PSG e soprattutto ex Benfica, Cristian "Cebolla" (cipolla) Rodriguez a sinistra, sulla devastante fisicità del comunque 
tecnico verdeoro Hulk (una forza della natura:perciò i giapponesi gli affibiarono il nickname ai tempi della sua permanenza nel paese del Sol Levante) e sull'astuzia e velocità del dribblomane argentino Lisandro Lopez, ex bandiera del Racing Avellaneda e che nella sua carriera conosce per ora solo i colori bianco e blu. Il marocchino Tarik Sektioui, autore di un gol "maravilla" la scorsa edizionedi Champions e gli ex rosanero Farias e Mariano Gonzalez (autore del tanto che è valso l'uguaglianza all' Old trafford) completano il mosaico offensivo.
E' naturale che la prestazione speciale offerta ieri sera sul manto erboso inglese vada ad inserirsi in periodo poco florido per gli uomini di Sir Alex Ferguson, i quali dopo il terrificante filotto di 15 gare senza patire sconfitte (13 vittorie e due pari) hanno inanellato il fragoroso tonfo interno col Liverpool, l'inatteso bis a Fulham ed una risicata quanto fortuita vittoria contro un ingenuo ed autolesionista Aston Villa. Il fatto poi di aver giocato solo 48 ore prima della gara coi lusitani lo scontro contro i Villans, non ha fatto altro che far accumulare tossine nei muscoli già provati di una banda già parzialmente menomata da assenze del calibro di Rio Ferdinand, Wes Brown, Rafael, Anderson e Berbatov che costringe il santone scozzese alla convocazione di giovanotti dalla sqadra "reserves".
Tutto ciò non diminuisce però i notevoli meriti della squadra di Oporto che già contro l' Atletico Madrid costruì una mole "eccessiva" di occasioni riuscendo nell' impresa di terminare il doppio confronto con due pareggi. La squadra di Ferreira sembra volare sulle ali dell'entusiasmo e potrebbe irrompere con forza nel balletto finale di questa manifestazione nella quale, sebbene non prevista, potrebbe rappresentare una presenza di lusso.