martedì 8 novembre 2011


QUADRO D'AUTUNNO

Breve giro d'orizzonte sui quattro maggiori tornei europei a neanche un terzo di stagione.






In Inghilterra, principale riferimento calcistico mondiale a livello di campionati, la prepotenza tecnica del Manchester City sembra finalmente aver trovato riscontro in una continuità di risultati che potrebbe scortare in carrozza la "seconda" squadra di Manchester, come abitualmente e non senza cinica dose di snobismo viene etichettata da molti, verso un titolo ampiamente atteso a seguito della messa in atto di una dirompente strategia a tappeto, che a suon di campioni collezionati negli anni rende obbligatorio un unico e solo risultato finale.
Una quantità tale di risorse dispiegate, da rendere quasi impossibile un piazzamento diverso che non sia il primo, e questo nonostante si abbia a che fare con il torneo più selettivo del pianeta.
Solo un ipotetico lungo cammino nella competizione europea potrebbe ributtare nella mischia le potenziali rivali, ma al momento anche questa ipotesi pare scongiurata, vista la marcia sicura della truppa facente capo ad una delle famiglie più influenti del mondo mediorientale, la quale ha deciso di giocare la carta football nel Grand Casinò d'Europa.
La classifica, ad autunno inoltrato, propone gli uscenti campioni in carica come i più accreditati rivali, ma sono usciti con le ossa fracassate ed il morale sotto i tacchi dal recente derby nel quale hanno fatto l'inusuale figura di sparring partner; pare che i diavoli di Ferguson siano più rossi d'ira, impegnati più a maledire il supposto sopruso tecnico-finanziario che pronti ad un reale contrasto all'avanzata dei Giannizzeri dello sceicco.
I cinque punti dell'attuale distacco sembrano nulla in confronto al divario che la calata nel calcio inglese (e non) di questi potentati dell'oro nero sta generando. E si passa sopra persino ad un Tevez acclamato come Messia dal giorno del suo arrivo e ora trattato come un Santa Cruz qualunque: si ripone in soffitta e a gennaio si provvederà ad acquistare il Padre Eterno, e finché il petrolio zampilla e non ci sarà disimpegno della proprietà, questo sarà lo scenario realisticamente preventivabile da qui in avanti.
Ferito di spada, l'oligarca russo Abramovich non vorrebbe perire in questa lotta a chi alza di più la posta, e per questo motivo "libera dal giogo" il nuovo portoghese che avanza, Villas Boas, l'ennesimo, con un assegno faraonico accreditato sul conto del compiaciuto presidente del Porto.
Lo stratega lusitano viene però anche aiutato a lavorare meglio adeguando l'organico, rimpinguato a dovere, ma da quanto emerso dopo questo scorcio di stagione, cambiando il fattore guida tecnica, il prodotto sempre lo stesso rimane ed il quarto tentativo post-Mourinho nel bramoso tentativo di entrare a far parte stabilmente del "Forbes" calcistico mondiale, e conquistare i galloni di compagine a tutto tondo, sembra destinato a rimanere senza frutti concreti almeno ancora per questa stagione, a meno di imprevedibili sterzate.
L'Arsenal nuovo look, segnato da un profondo cambiamento di metodo (è un termine che ne nasconde un altro: obiettivo) dovuto al salasso tecnico causato dalle partenze al termine della scorsa stagione, ha necessità di capire che ruolo vorrà recitare; le mire probabilmente riviste verso il basso, nonostante la fine di agosto abbia portato segnali importanti dal mercato in entrata; il Tottenham affamato dalla reale caccia al quarto posto (terzo?) che consentirebbe, ad un anno di pausa, di rientrare tra i grandi del continente, attualmente risparmia le forze in Europa League per non vanificare il lavoro domestico ed il Liverpool, arrogante nelle ultime due sessioni di mercato , ma poco coeso ed ancora alla ricerca di un'identità precisa nel panorama inglese delle ultime annate, appaiono come tre compagini più interessate ad azzannare quello spicchio di classifica che dovrebbe permettere loro, con la qualificazione alla coppa campioni, di elevare le proprie ambizioni, ma a partire dalla prossima stagione.
A queste sei corazzate, si addiziona un intruso di qualità come il Newcaste, mossosi benissimo negli ultimi due anni grazie ad un legame diretto con il mercato francese. I Magpies stanno entrando prepotentemente nell'alta società e l'impressione che se ne ricava e che sarà oltremodo arduo scalzarli dalle posizioni di vertice conquistate con merito (sia per le scelte di mercato oculate sia per le prestazioni sul rettangolo verde).
Il resto del plotone si dispone in buon ordine, ma qualche jolly potrebbe essere nascosto nelle maniche di qualche squadra, magari impegnata sul fronte europeo, terreno dove potrebbe fare parecchia strada (vedi Fulham e Stoke).
La lotta per la permanenza vede quasi soffocare il Wigan, malato da anni e ripreso per i capelli più volte, quindi strappato ad una morte sicura che quest'anno sembra tuttavia aver ritagliato le funeree vesti su misura dei Latics.
Nel calderone, dunque, un po' tutte quelle dall'ottavo posto in giù, eccezion fatta per Villa, Fulham ed Everton che alla lunga faranno pesare gli organici, e lo Stoke, che grazie al suo inconfondibile stile rugbystico riuscirà ad evitare le pericolose sabbie mobili, ne siamo certi.

La Spagna sta vivendo la stagione della rinascita. Sarebbe un'affermazione da querela se non si leggesse oltre l'apparente sconfortante messe di reti e prestazioni sfornate dal duo storico. La classifica, col passare delle giornate, si allungherà inevitabilmente a favore di Madrid e Barcellona creando quel vuoto che oramai è voragine, però oltre ai crudi numeri c'è ancora Liga.
E' davvero probabile che le due faranno, sorteggi permettendo, la finale di Champions League, in quanto oltre alla Spagna stanno catechizzando l'Europa a colpi di gioco, gol e talento, legittimando una superiorità che la logica dovrebbe fare sfociare in una finale più che annunciata, a maggio, a Monaco di Baviera.
Non si può slegare quest'aspetto nell'analisi sulla Liga. Quei cinque gol che vengono recapitati al malcapitato di turno che piazza le tende al Camp Nou o al Bernabeu sono il pegno politicamente corretto che una squadra normale o mediamente forte può pagare se Real o Barcellona decidono che così è se gli pare. Credo che a questa legge poche entità europee possano sfuggire, e solo la Premier riuscirebbe ad arginarne parzialmente lo strapotere; non si capisce, dunque, perché lo debbano fare squadre di seconda fascia del panorama spagnolo.
Per il resto, l'orizzonte è spazzato via dalle nubi delle ultime stagioni, nelle quali preoccupanti involuzioni nel gioco avevano coinvolto le cosiddette squadre terrene, quelle dal terzo posto in giù. I massicci successi in serie delle rappresentative nazionali "sub" (anche solo effimeri, come lo splendido e scalognato mondiale under 20 disputato da una regale selezione giovanile) dalla primavera a tarda estate, hanno inondato di nuovo entusiasmo e talento fresco la Liga.
Nonostante congiunture di mercato non favorevoli, alcune società hanno saputo rimodellarsi con risultati più che dignitosi, cedendo alle irrinunciabili tentazioni di vendere e reinvestire con pacatezza (Valencia), altre ancora vendere e rituffarsi in un mercato in cui l'asticella per strappare i pezzi migliori si eleva di sessione in sessione, senza avere nell'immediato riscontri confortanti (Atletico), altre subire il peso, più psicologico che tecnico, di mantenersi a quote storicamente non appartenenti al proprio patrimonio, accusando flessioni fisiologiche (Villarreal). Vi sono poi quelle che cercano glorie estemporanee memori di un recente trascorso a banchettare a colpi di ostriche e champagne (Siviglia), altre (Malaga) cavalcano il momento di ricerca di visibilità degli arabi in un campionato first class come la Liga, baciate dalla fortuna di essere elette e facendosi assorbire in un'orbita celestiale che dovrebbe, a breve lasso di tempo, consolidare gli andalusi nei piani alti della Liga prima e del continente poi. C'è poi la solida armata basca rappresentata dall'Athetic Club, la compagine che ad inizio torneo suscitava i maggiori interessi in virtù di un maquillage estetico avente come colonna portante l'estro del Maestro Bielsa, e la sferzata di vento nuovo regalata dal Betis tutto mobilità e fraseggio, i cui frizzanti prodromi si erano già intuiti nella splendida cavalcata della scorsa stagione.
Al tirar delle somme, una Liga il cui livello di gioco è più che accettabile, il cui spettacolo convincente, con il pacco regalo inatteso al cui interno vi è una rana impazzita (magari un poco datata) che sta facendo saltare il banco in questa prima parte di stagione (Levante).

La Bundesliga è territorio di caccia del Bayern. Se un anno sfugge alla regola, il seguente ricalca il copione che vede i biancorossi favoriti d'obbligo, contando su un organico sopra la media ed uno strapotere economico, finanziario, di marketing e di appeal senza eguali in Germania.
Se Heynckes destava più di un turbamento al momento della reincoronazione, ci hanno pensato i giocatori a non permettere che si insinuasse troppo il germe della diffidenza e già dalla seconda giornata hanno iniziato a macinare avversari in patria e fuori.
E c'è l'asso da giocare, che è ancora ben nascosto ed appena sarà terminato il lavoro col nastro adesivo, ecco che nel clou della stagione potrebbe essere calato per rifinire l'opera e compiere un miracolo al quale molti in Germania (e non) credono, quello di portare a casa (è proprio il caso di dire) la coppa dalle grandi orecchie, così come la chiamano gli esperti.
L'asso in questione è ovviamente Robben, e il termine miracolo, una volta rientrato l'olandese di cristallo, appare tremendamente ingeneroso per una compagine che allo stato attuale, in Europa, può temere la concorrenza dei due titani spagnoli e basta.
Il resto della Bundes è sempre calorosamente emozionante e scalda davvero il cuore; degli stadi arcicolmi non ne parliamo più, della passione dei tedeschi per il calcio ci sarebbe da fare approfondimenti mediante qualche trattato di sociologia, dell'avvenenza del torneo non si sono mai avuti dubbi.
Magari non sempre costellato di stelle, il campionato tedesco ha però calamitato nel corso degli anni tanti cosiddetti buoni giocatori e non è un caso che le rose delle squadre siano infarcite di "nazionali" di ogni dove.
Il lavoro encomiabile a livello giovanile ha fruttato un discreto gruzzolo di giovani virgulti, spesso ancora in fasce, ma molti di loro sono di prima qualità e soprattutto disseminati in tutti i ruoli: bravi, vincenti e col futuro in faccia.
Il sorpasso sul terzo torneo del ranking Uefa, inevitabile, certifica il valore della Bundesliga e la propone in un contesto di ritrovata competitività proiettandola su futuri scenari estremamente allettanti.
Certo, di squadroni, Bayern a parte, attualmente non ce ne sono, ma le tante realtà di medio-alto livello, supportate spesso da grandi città quindi dall'elevato potenziale di tifosi, non possono che attrarre nell'immediato futuro investitori munifici e costanti nell'impegno preso, e possibilmente qualche oligarca o sceicco che possa farsi carico di qualche spesuccia accessoria.
Avere ottenuto un posto in più per la prossima campagna europea nella coppa di maggior rilevanza avvalora maggiormente questo trend e potrebbe essere il volano ideale per una nuovo Rinascimento del calcio-panzer.
Tornando alla stretta attualità, dopo un inizio stentato, si registra il ritorno di fiamma di Borussia Dortmund e Schalke, le due più credibili candidate ad occupare i due restanti gradini del podio (col Leverkusen?), nonché le piacevoli sorprese rappresentate dal Werder dalle mille ed inattese rinascite, al Monchengladbach, che dal baratro della zweite sta ora toccando le corde dei sentimentalisti che rivedono, chiudendo gli occhi e usando un'ottimistica dose di immaginazione, la formazione dell'età dell'oro.
Pollice verso per l'Amburgo che a forza di giocare col fuoco finirà per arrostire, pronto ad essere inghiottito dalla palude rappresentata dalla seconda divisione.

La Ligue 1, terreno di caccia prediletto da club dell' Europa intera che invadono l'esagono per fare razzia di perle rare ma anche solamente di buoni giocatori, sta paurosamente aumentando la propria fornitura di talenti verso l'estero senza riuscire a colmare il gap tecnico con la fioritura di nuove stelline. Il ritmo è insostenibile e di questo passo il sorpasso di altri campionati diverrà ineluttabile .
Una strana sensazione pervade da troppo tempo chi segue il calcio francese, quella di trovarsi di fronte una sorta di Brasile o Argentina modello europeo, esportatore di mano d'opera qualificata a costi sostenibili (per gli altri). L'unico esportatore tra i grandi paesi calcistici del vecchio continente, il movimento calcistico transalpino fa la fortuna di campionati come la Premier, per citare la punta dell'Iceberg di questa situazione (dall'ottica francese naturalmente).
Un' emorragia che nasce dal profondo della cultura calcistica d'oltralpe, da un' incontrollabile autolesionistica scarsa considerazione del proprio movimento, che nell'ottica del giocatore locale deve rappresentare il trampolino di lancio verso il successo e non, viceversa, punto d'arrivo, e per un'apatia generale dei grandi magnati d'oltralpe che non vedono nel calcio motivi validi per esporsi .
A questa tendenza ultradecennale la scialuppa di salvataggio viene ora lanciata da un manipolo di emiri qatarioti, che prova ad invertire la rotta grazie all'ingresso nella società calcistica francese della loro Qatar Investment Authority. Gli stessi quindi, allungano i dorati tentacoli guardando anche all'esagono dopo aver messo le mani sul Manchester City ed il Malaga, dando uno slancio, o meglio, uno scossone, a tutto il movimento.
Imprevisto, vista l'operazione lampo portata a termine dagli affaristi arabi senza che ci fossero avvisaglie nelle settimane precedenti la chiusura del negozio.
I qatarioti, che, ricordiamo, ospiteranno i mondiali 2022, diventano allora i tutor internazionali cui aggrapparsi e accaparrandosi la formazione di una capitale da oltre 10 milioni di anime, nonché i diritti televisivi del torneo mediante il network Al Jazira Sport, (nato solo nel 2003 ma attualmente una potenza non solo nel mondo mediorientale e controllato dagli stessi emiri proprietari dei parigini) contano di ridare lustro al calcio dell'esagono che sogna di rivivere l'epopea dei primi anni ottanta, auspicando però un finale differente.
Va da se che l'establishment del Golfo Persico abbia immediatamente aperto i cordoni della borsa investendo circa 90 milioni di euro, posizionando il PSG al secondo posto nella speciale classifica delle spese estive, appena dietro al...Manchester City.
Tutto ciò ha generato, in un torneo senza straordinarie corazzate, come invece sono la Premier o la Liga, risultati immediati, issando il PSG solitario in vetta alla classifica ed a distanza di sicurezza dalla seconda.
Gioco facilitato, dovendo spazzare via l'innocente opposizione di un Lilla menomato dalle cessioni ed impaurito dal neo status acquisito, la resistenza di un Lione più preoccupato di rinascere dalle ceneri lasciate da Puel, e di un Marsiglia attanagliato dagli abituali caos gestionali e posseduto dal tipico stato di fibrillazione, stato in cui si convive da sempre sulla Canebière.
Non saranno certo il Montpellier di quest'inizio di stagione, ovvero una rinascita delle tre citate pocanzi a spaventare una società che per gennaio ha pronti altri colpi in canna.
Il resto della lista (Rennes e Tolosa escluse) prevede una litania di squadre che si avvicendano (e così faranno sino al termine) tra la zona europea e quella che condurrà a far scomoda compagnia a Nantes, Metz e Lens. In bocca al lupo a tutti.





2 commenti:

scommesse ha detto...

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--

scommesse ha detto...

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