lunedì 30 novembre 2009



DERBY D'EUROPA


Fine settimana costellato da numerosi derby cittadini, diversi match di cartello e il classico dei classici...Real-Barca.




Il protagonista del derby ateniese Mitroglou, qui ostacolato dal difensore basco del Panathinaikos Josu Sarriegi.




La maggior parte dei tornei europei sta entrando nel vivo e prima di svoltare nell'anno nuovo facciamo il punto sulla situazione nei diversi campionati nazionali.



In Spagna si è giocato il "clasico", la partite delle partite, non solo nel paese iberico, ma una gara che coinvolge l'interesse del mondo intero per l'emotività che porta con se. Sei dei papabili 10 vincitori di quest'edizione del Pallone d'Oro erano in campo. Messi, Iniesta, Xavi ed Ibrahimovic da una parte, Kakà e Cr9 dall'altra. Ne è uscita una partita inattesa che ha visto i madrileni bloccare brillantemente le fonti di gioco blaugrana e disporre delle migliori occasioni per fare il colpaccio in Catalogna che manca da diversi anni. Raggruppameno centrale con molti uomini, ottima predisposizione alla corsa ed al sacrificio e concentrazione al massimo non hanno però sventato il tape-in di Ibrahimovic che ha regalato il prestigio dell'ennesima vittoria sui "blancos" e tre punti che rilanciano il Barca in alto. Non ne hanno approfittato Valencia e Siviglia che a braccetto si sono fatte imporre il pari casalingo dal Maiorca e dal fanalino di coda Malaga. Il Valencia, che ha perso Silva per 4 settimane causa infortunio, ha letteralmente gettato via la vittoria, per le occasioni da rete sciupate e per l'ingenuo fallo di Bruno Saltor che ha consentito agli isolani di pareggiare su penalty. Il Siviglia ha invece recuperato il passivo del primo tempo grazie alla sua bocca da fuoco Luis Fabiano; occasione persa per entrambe anche se ci sono altri 3 fatti da menzionare che hanno segnato la giornata di Liga.
Il Deportivo che sembra fare sul serio ed ha agganciato i valenciani al quarto posto è una piacevole sorpresa; il Valladolid che in vantaggio di tre marcature si è fatto riprendere dall'indomito Tenerife e in ultimo la perentoria vittoria dell'Atletico Madrid che allevia il popolo colchonero dai tanti affanni anche se questo brodino caldo non è che l'inizio di un percorso di guarigione lungo ed ancora incerto.

In Inghilterra avevano luogo due derby: quello della Mersey tra Everton e Liverpool e quello londinese tra Arsenal e Chelsea.
Partite molto intense, veloci, elettriche, dalla grande sagacia tattica e che hanno visto prevalere i Reds nella stracittadina di Liverpool e i blues in quella della capitale. Un Everton dalla rosa importante che sta attraversando una fase poco felice è reduce da alcuni K.O. in Uefa contro il Benfica piuttosto pesanti nello score e da passi falsi nella Premier (3 sconfitte consecutive); ieri è stato fronteggiato da una squadra rigorosa e disposta ottimamente che ha concesso il minimo sindacale all'avversario. Ritmi vertiginosi imposti anche dall'Arsenal nel match che avrebbe dovuto rilanciare la truppa di Wenger verso l'aggancio alla vertice (ha anche una gara in meno) ma che è stata indirizzata da un paio di episodi sfortunati alla fine del primo tempo nei quali prima Drogba, poi Vermaelen nella propria porta, hanno deciso di andare a disturbare un ragnetto che tesseva indisturbato la tela.
Un uno-due micidiale in 3 minuti che ha permesso ai blues di giocare in scioltezza i restanti 45 minuti e di suggellare al vittoria con un altro pezzo di bravura dell'attaccante ivoriano. Sempre su ritmi eccellenti, un'altra partita di rilevanza per le zone alte della classifica ha visto impegnate l' Aston Villa ed il Tottenham.
Gara di grande livello tecnico-fisico-tattico come solo la Premier degli ultimi anni sa proporre. Difese in gran spolvero e che nonostante giocate a ritmi infernali hanno saputo arginare gli attacchi. Un'intensità che va a braccetto con le rare perdite di tempo e conseguentemente un minutaggio di gioco effettivo rilevante che sazia gli occhi degli spettatori dal primo minuto al fischio finale. Uno spettacolo che ha consentito agli Spurs di insediarsi stabilmente al quarto posto e al Villa di rimanere a ridosso del gruppone che anela alla qualificazione Champions. Gruppone che comprenderebbe anche il Manchester City ancora una volta bloccato dal segno X in schedina (il settimo consecutivo); la corazzata citizens sembra proprio non volerne sapere di spiccare il volo benchè abbia tutte le carte in regola per farlo. In coda si fa allarmante la situazione di Portsmouth e Wolverhampton (8 match senza vittorie) che pare si stiano staccando dal treno salvezza anche se i Pompeys stanno cercando la soluzione con l'avvicendamento alla guida tecnica che ha visto subentrare l'israeliano Avram Grant al posto del dimesso Hart, il primo cambio in panchina dell'intera Premier in 14 giornate.

Il campionato francese è tra i più incerti d'Europa, e tra quelli di prima fascia è più imprevedibile persino dell'incognita Bundesliga.
5 squadre in 4 punti e 6 in 5 e con i recuperi che devono disputare Marsiglia e Monaco la matassa potrebbe essere ancor più ardua da districare. Il week-end non ha visto gare di cartello tra le prime se si esclude PSG-Auxerre, sebbene i parigini non abbiano più la verve di inizio stagione e siano staccati dal plotone di testa. Ma la gara è stata importante perchè la sorpresa che viene dalla Borgogna ci ha lasciato le penne perdendo la vetta della classifica dopo averla appena conquistata la settimana passata. Per una sera poteva quindi essere il Lorient a fregiarsi dell'effimero e scottante (e proprio il caso di affermarlo) primo posto in solitaria, ma la gara contro il fanalino di coda Grenoble si è dimostrata una trappola e il Lorient ci era quasi caduto in pieno se proprio agli sgoccioli della contesa contro i savoiardi, che appaiano spacciati e lontani ben 11 punti dalla quota salvezza benchè in ripresa nelle ultime settimane con tre pari consecutivi dopo le 11 sconfitte delle prime 11 giornate, non fosse riuscito a salvare un punto. E' stato così il Bordeaux a riprendersi il maltolto e virare in testa alla 14a giornata seguito da un Lione balbettante (1-1 interno con il Rennes), mentre il Marsiglia ha lasciato i 3 punti a Lens.

La Bundesliga è anch'essa senza un padrone ma pare che il Bayer Leverkusen voglia fare sul serio e la casella sconfitte ancora vergine è il miglior biglietto da visita dopo i primi 14 turni. Nel torneo tedesco, con la confusione che regna sovrana al vertice (e che Dio benedica la Bundesliga...magari ce ne fossero tanti di campionati aperti come quello tedesco...e quello francese), match di cartello se ne trovano ad ogni fine settimana. Il più succoso del turno era quello "verde" tra il Werder ed il Wolfsburg. Gli anseatici avevano l'occasione per portarsi a stretto contatto con le "aspirine" ma la doppietta di Dzeko ne ha ostacolato l'obiettivo. Anzi un gol allo scadere del gigante Mertesacker ha permesso a Schaaf di uscire indenne e la spartizione della posta ricorda che il Wolfsburg è più vivo che mai ed un'eventuale prematura dipartita dalla Champions potrebbe permettere agli uomini di Veh di concentrarsi esclusivamente sul campionato. Molto interessante, nel consueto corposo sabato, il duello tra Hoffenheim e Borussia Dortmund, condito da alcune polemiche precedenti la gara e che hanno riguardato il metodo imprenditoriale del patron dell'Hoffenheim Hopp, messo in discussione da gente vicina al Dortmund; in campo è affiorato qualche nervosismpo di troppo, oltre ad una dose massiccia di emozioni, come da previsione nei rettangoli da gioco teutonici. Traumatizzante la posizione in classifica dello Stoccarda, vittima sacrificale nella nuova arena del Leverkusen, ma il risultato assume i contorni di una mattanza (0-4) per una compagine che si sta giocando l'accesso agli ottavi di Champions, che possiede diversi giocatori di valore, ma che è relegata ai margini della sopravvivenza nell'attuale Bundesliga nella quale Berlino capitale vede naufragare ogni giorno di più un Hertha cui nessuna scialuppa di salvataggio può evitare una fine annunciata. 1 vittoria 2 pareggi ed 11 sconfitte il bilancio misero dei capitolini, tuttora vivi in Europa League. Sornione, il Bayern del Sergente Van Gaal, rimasto a galla nonostante le forti mareggiate che sembravano potessero far annegare la squadra ed il suo timoniere, con i 3 punti di Hannover si ritrova riproiettato nella sala dei bottoni anche grazie ai passi falsi delle rivali, tra cui, oltre a quelle menzionate, anche Schalke ed Amburgo vorrebbero partecipare alla festa.

In Portogallo il sentitissimo derby di Lisbona ha rubato la scena, e uno Sporting in disarmo ha sfoderato una gara d'orgoglio per festeggiare la prima in panchina del nuovo tecnico Carvalhal, insediatosi dopo il burrascoso addio di Paulo Bento. Lo 0-0 potrebbe spodestare il Benfica dal primo posto se questa sera gli "Arsenalistas" dello Sporting Braga dovessero incamerare l'intera posta. Si rifà sotto il malaticcio Porto e pare che il cerchio per la vittoria finale possa chiudersi qui vista la distanza degli uomini dell'Alvalade dalle altre tre.

In Olanda, senza big match in calendario, continua la marcia sicura del Twente di McClaren che in 15 gare ha collezionato la bellezza di 41 punti pareggiando appena due volte e non conoscendo ancora l'onta della sconfitta. Poco peggio ha fatto un PSV che alloggia al piano di sotto con 2 punti in meno frutto di un X in più ed un 1 in meno. Nonostante questa folle andatura del duo di testa, l'Ajax è distanziato di appena sei lunghezze, mentre al di sotto dei Lancieri c'è quasi il vuoto con Feyenoord, Utrecht e uno spento AZ a recitare il ruolo di comprimari. Una sofferenza vedere la squadra di Koeman ridotta in questo modo dopo la splendida cavalcata della scorsa annata. Rimane da salvare un posto nei sedicesimi di Europa League nello scontro coi cugini belgi dello Standard. Anche la favola Groningen, sembra aver trovato un suo epilogo e dopo annate condotte a ridosso dei migliori, l' ex squadra di Berg si trova nella pancia del gruppo con l'obbligo di non farsi risucchiare nella lotta per i quartieri bassi.

La Grecia ha vissuto una domenica con il fiato sospeso visto che Atene era paralizzata dall'infuocato duello tra i verdi del Panathinaikos ed i portuali dell' Olympiacos sia nel calcio che nel basket. Sfida calcistica giocata al Karaiskaki del Pireo e che ha visto prevalere gli uomini di uno Zico decisamente immerso in questo clima bollente. La gara è stata condotta dai biancorossi che tra la fine del primo tempo e l'inizio della ripresa hanno giustiziato Ten Cate per via dei gol del 21enne Mitroglou, bomber che andrà sicuramente ai prossimi mondiali e che ieri sera si è presentato con una capigliatura bizzarra, stile ultimo dei Moicani. Strepitoso il suo gol in mezza rovesciata che ha sigillato la vittoria dei biancorossi. Una gara spigolosa come di consueto e in cui sono emerse le prove del brasiliano Dudu Cearense e del funambolo marocchino Zairi, che molti ricorderanno nel Sochaux e che ultimamente si era un pò perso prima di essere rivitalizzato dalle cure del "Galinho". Una squadra, quella del brasiliano, dal grande organico e che potrebbe garantirsi il passaggio agli ottavi di champions nella gara casalinga contro un Arsenal già qualificato e così ripetere l'impresa del 2008 quando raggiunse la stessa fase della manifestazione (poi eliminato dal Chelsea).
E' lotta a due come sempre negli ultimi anni e la squadra più vicina, il PAOK, dista già 8 punti dal Panathinaikos secondo. Una contesa che nelle ultime 13 stagioni ha visto solo una volta (nella stagione 2003-2004) i verdi di Atene interrompere il predominio assoluto della squadra del Pireo. Preoccupa, inoltre, la crisi dell'AEK, sebbene sia in fase di risalita dopo il successo di sabato nel derby dei greci esiliati da Costantinopoli (AEK-PAOK).

A proposito di Costantinopoli e di Turchia, il fine settimana sulle sponde del Bosforo ha visto la totale guarigione del Besiktas, tornato prepotentemente in lotta per bissare il titolo dello scorso anno e che dopo un avvio burrascoso con 3 pareggi e 2 sconfitte nelle prime sei giornate ha inanellato solo vittorie e si è reincollata alle squadre di vertice sfruttando anche i tentennamenti del Galatasaray e del Fenerbahce, che nelle ultime uscite hanno rallentato e che tra venerdì e sabato sono andate incontro a due rovesci. Di uno di questi ha beneficiato il Bursaspor, che battendo il Cim-Bom veleggia ora al terzo posto proprio in coabitazione coi giallorossi. Altri giallorossi festeggiano un avvio di stagione particolarmente brillante e sono gli anatolici del Kayserispor, al quinto posto dopo aver espugnato Manisa. Cinque squadre in 3 punti a poco meno di metà torneo mentre registriamo i continui passi falsi della quarta grande di Turchia ed unica non istanbuliota, il Trabzonspor. Il club del Mar Nero sembra oramai irrimediabilmente tagliato fuori dalla lotta al titolo nonostante la vittoria di misura di domenica contro l' Eskisehirspor.

L'immensa Russia vedeva calare il sipario sul campionato in questo sabato di fine novembre con il verdetto più importante già determinato: Rubin campione per la seconda volta consecutiva e ora proiettato verso San Siro nell'impresa di entrare a far parte dei grandi della Champions edizione 2009-2010.
Era da stabilire la terza squadra che si sarebbe presentata ai nastri di partenza della prossima Champions League e v'erano tre entità chiamate all'appello per l'ambito posto al caldo: Lokomotiv Moskva, Zenit San pietroburgo e CSKA Moskva. L'ha spuntata, come ampiamente prevedibile, lo Zenit, che ha sfruttato la mancanza di stimoli di uno Spartak oramai certo del secondo posto e che nonostante un certo impegno nella ripresa che ha prodotto il gol che aveva dimezzato il disavanzo con uno Zenit volato sul 2-0, non si è dannato l'anima per arrivare al 2-2 che avrebbe promosso i rivali cittadini (uno dei tanti, visto che Mosca possiede 7 club nella Premier League, 5 della capitale in senso stretto e 2 della regione moscovita; e il tutto in attesa che la Torpedo, in cattive acque, faccia ritorno dove la storia ha determinato che stesse) del Loko. Decisamente goffo l'intervento del terzino destro della squadra di Karpin, Boyarintsev, che dopo un angolo e un susseguente colpo di testa del centrale belga Lombaerts, non riusciva a rinviare facendosi passare la palla sotto la gamba e mettendo la pietra tombale sulle residue speranze del Lokomotiv. Un primo tempo condito dagli sprechi del capocannoniere dell'intero torneo, l'attaccante brasiliano Welliton e segnato da un'espulsione bizzarra decretata dall'arbitro ai danni dell'ungherese Huszti e poi una spinta ripetuta all'uomo nero (davvero snervante l'attitudine per tutta la gara) del terzino Anyukov, incapace di accettare la situazione. Per la cronaca: da quella punizione è nato l'uno a zero con rete di Zyrianov. Il Cska era indietro ed avrebbe dovuto attendere miracoli dagli altri due campi per poter fruttificare l'ordinaria consegna di battere il Saturn, cosa puntualmente avvenuta. Il club del Ministero della Difesa (Cska) andrà in Europa League in compagnia del club del Ministero dei Trasporti (Loko), mentre per la Champions ci sono Rubin, Spartak e Zenit.
Per la salvezza Rostov ed Amkar Perm l'hanno spuntata sul Kuban Krasnodar.
Solo il Rostov temeva in caso di sconfitta casalinga contro l'Amkar e contemporanea vittoria del Kuban in casa contro i neocampioni del Rubin, visto che pur avendo una differenza reti migliore, il saldo negli scontri diretti (1-1 a Krasnodar e 3-3 a Rostov) privilegiava la squadra del Mar Nero penalizzando quella del Mar d'Azov. Sarà invece il Kuban a far ritorno nella cadetteria ad appena un anno dalla promozione accompagnando il Khimki.

Il torneo Ucraino è un affare a tre tra la Dynamo Kyiv, lo Shakhtar Donetsk ed il Metalist Kharkiv e il torneo pare più incerto delle ultime stagioni vista la presenza della squadra che l'anno scorso eliminò la Sampdoria nei sedicesimi di coppa Uefa per poi cadere sotto i colpi della Dynamo Kiev. Distante invece una squadra storica come il Dnipro, che non riesce a fare il salto di qualità e che anno dopo anno regala solo illusioni ai propri tifosi senza riuscire a rinverdire i fasti dell'era sovietica. C'è da ricordare che l'unica squadra imbattuta nel torneo è la Dynamo di Gazzaev che ora sarà impegnata a cercare l'impresa contro gli extraterrestri del Barcellona per entrare negli ottavi di Champions ma che rischia di trovarsi con le pive nel sacco e fuori anche dall'Europa League e quindi del contraccolpo potrebbero approfittarne il Metalist e lo Shakhtar di Lucescu, in odore di prendere l'incarico della nazionale ucraina.

Lucescu rimanda alla Romania, il torneo più misterioso del vecchio continente perchè è praticamente impossibile scoprire il "colpevole" dopo che sono già trascorse 15 giornate e c'è bagarre lassù in alto come fosse la prima giornata. Vetta occupata da 4 squadre che potrebbero essere 5 se questo lunedì sera i campioni uscenti dell'Unirea Urziceni (ottimi protagonisti anche in Champions in attesa della gara verità di Stoccarda che potrebbe spalancare le porte di un incredibile 1/8 di finale) sbrigassero la pratica Gloria Bistrita: tutto ciò è un unicum per tutta l'Europa.
Se pensiamo che attualmente la quinta (sempre in attesa del match dell'Unirea), cioè il Rapid Bucarest, è ad appena un punto e che Dinamo Bucarest e Brasov sono rispettivamente a 3 ed a 4 (dopo la gara di stasera: Brasov-Poli Iasi 2-0) punti dai 28 che determinano la testa, ecco che il torneo romeno è senza dubbio il più incerto, combattuto e imprevedibile ed irrazionale di tutta Europa, con almeno 8 squadre candidate alla vittoria finale prima della sosta invernale. Ricordando che allo stato attuale i primi 4 posti sono occupati da Timisoara, CFR Cluj, Steaua Bucarest e Vaslui e che ogni fine settimana ci sono obbligatoriamente match di cartello, in questo fine v'è stata la singolar tenzone tra la Steaua di Stoichita ed il Vaslui dell'ex (sia giocatore che tecnico) Lacatus: match risolto in fase di recupero da un gol del "magiaro" Szekely (romeno nativo di Timisoara e di discendenze ungheresi) ritornato per mezzo di questa rete risolutiva nelle grazie del Padre-Padrone Becali, proprietario, finanziatore e vero istrione del club, del calcio romeno e del paese intero. Un gol che ha rimescolato, se mai ce ne fosse necessità, le carte al vertice del torneo, poichè ha frenato il Vaslui rilanciando i "Militarii" che così dividono la torta del primo posto con gli stessi moldavi, con i "banatenii" di Timisoara e gli "ardelenii" di Cluj in attesa che tra sette giorni ci sia un nuovo rimpasto. 7 squadre si sono avvicendate al primo posto (solo la Dinamo non l'ha mai raggiunto) e per ben 4 volte consecutive è rimasto in testa il Brasov (dalla 4a alla 7a). Ogni settimana ci sono brividi e sorpese, delusioni e imprese, capovolgimenti e cadute. Un vero peccato che le intemperanze del pubblico rendano qualche volta questi match degli spettacoli disputati in vere e proprie cattedrali del deserto visto che le punizioni inflitte dalla Lega di "Mitica" Dragomir prevedono spesso gare a porte chiuse in caso di incidenti reiterati. Un'altalena di emozioni del genere è comunque frutto della
"debucarestizzazione" del campionato, che non vede più le tre grandi della capitale (Steaua, Dinamo e Rapid) avere la meglio, e la cosiddetta provincia sta recitando un ruolo da padrone da più anni. L'anno scorso il titolo arrivò ad Urziceni un minuscolo centro di 17.000 abitanti nel distretto di Ialomita, due anni fa arrivò nel ricco Ardeal e finì nella bacheca del CFR Cluj, quest'anno oltre alle due menzionate vi sono pure il Timisoara (che sta spingendo sull'acceleratore degli investimenti da diversi anni) , il Vaslui del bomber brasiliano Wesley (ex Leixoes) e la sorpresa Brasov allenata dal Viorel Moldovan l'ex goleador di Grasshoppers, Fenerbahce e Nantes tra le altre.
E siccome ad ogni week-end viene servito un piatto saporito ecco che settimana prossima proprio il Brasov andrà a far visita al Rapid, mentre la Steaua è attesa dal catino di Craiova. Proprio l' Universitaea Craiova, una grande storica, è l'invitata mancante a questo banchetto a 8 che rischia di protrarsi sino alle calende greche e che vedrà risolto il giallo, con ogni probabilità, all'ultima curva.

La Serbia invece non presenta più soprese da quando c'è stata la dissoluzione della Jugoslvia e la frammentazione in più campionati. Quello serbo (o serbo-montenegrino fino al distacco del piccolo stato adriatico nel 2006) ha visto solo un'intromissione dal 1992-93 ad oggi, quella dell' Obilic, nome del leggendario eroe medievale nazionale, nel 1997-98 e che ora si umilia nelle categorie distrettuali della zona di Belgrado. Partizan e Stella Rossa, Stella Rossa o Partizan: mutano gli attori ma il copione non cambia in un torneo povero di contenuti (anche se qualche giovane sboccia sempre) e ancor più di spettatori e dove il terzo incomodo, il Vojvodina di Novi Sad, occupa regolarmente il terzo posto e solo sporadicamente soffia il secondo ad uno dei due giganti di Belgrado in stagione no. Da quest'anno il format è ritornato a 16 squadre, una contraddizione evidente visto il livello, ma personalmente un motivo di soddisfazione, visto che non concepisco campionati nazionali a meno di 16 squadre (in tal senso non approvo la scelta svizzera ed austriaca, tanto per fornire due esempi) con la motivazione che le troppe squadre abbasserebbero il livello. Proprio questo sabato c'è stato il duello-scudetto e la vittoria del Partizan riporta in lizza i bianconeri, autentici sparring-partner in Europa League (come lo scorso anno), ma alla ricerca del terzo titolo consecutivo nella madre patria Serbia.

Il torneo del Belgio non ha visto disputate partite chiave in questo fine settimana ma ha depositato la prima sentenza della stagione: lo Standard Liegi, troppo impegnato a svolgere il tema sull'Europa che conta, e oramai irrimediabilmente staccato dal vertice e dalla possibilità di fregiarsi del terzo titolo nazionale consecutivo. La lotta a due vede un redivivo Anderlecht e a 5 punti un Bruges al quale il titolo manca dal 2004-2005. Entrambe le squadre sono ancora vive e vegete in Europa e proprio in settimana puntano a completare il passaggio ai sedicesimi. Il Belgio potrebbe così trovarsi con tre compagini (le tre big degli ultimi anni) nella seconda fase dell'Europa League (dipende dallo Standard e dalle tre possibili variabili: Europa League, Champions o eliminazione da tutto), fatto non del tutto scontato visto le ultime stagioni del calcio belga e la crisi attraversata anche dalla nazionale.

Chiudiamo questo largo giro per l'Europa (mi scuso per gli altri tornei non trattati: sarà per un'altra volta) con uno dei campionati più noiosi (spero che gli estimatori non inveiscano contro il sottoscritto), scontati e dimessi dell'Europa occidentale: si tratta del torneo della meravigliosa Scozia. E' il' 1984-85 la data cui risale l'ultima vittoria che non sia targata Celtic o Rangers. Allora fu l' Aberdeen e l'epopea di Sir Alex Ferguson portò tre titoli, 4 coppe di Scozia, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea. Poi solo e sempre un dominio di Glasgow, e anche per quest'anno non si annunciano novità di sorta nonostante Hibernian e Dundee United sembrano voler mettere un pò di sale sulla coda delle invincibili rivali giurate di sempre. Cattolici o protestanti, sta a voi scegliere; anche per quest'anno non cambiare, stessa spiaggia stesso mare!

giovedì 26 novembre 2009




LUCHO...A SAN SIRO...!


Gagliarda prestazione dei "Ciel et Marine", valsa a nutrire solamente rimpianti.



Respinta di Dida sul traversone di Niang in occasione del gol marsigliese.





Adesso servirà una vittoria in casa contro il Real e un aiutino dello Zurigo, impegnato nel Leitzigrund amico (neanche troppo visto i passivi registrati con Madrid e Marsiglia) e già estromesso dal brivido di dover giocare per un obiettivo che non sia l'onore.
Rimorsi e rimpianti si mescolano nella piovosa serata meneghina per chi ha annusato il profumo di impresa e odorato quello di in ottavo di finale che sembra stregato per i provenzali, e che salvo miracoli improbabili anche in questa stagione dovranno riparare nella seconda coppa europea per importanza.
Il meritato 2-1 avrebbe costretto il Milan alla goleada in terra elvetica (un 3-0 in caso di X senza reti al Velodrome avrebbe portato alla parità assoluta sia nella differenza reti che nel numero di gol fatti e subiti), consentendo al Marsiglia di giocare praticamente per due risultati.
Deschamps presenta un 4-1-3-2 con la presenza di Edouard Cissè con gli stessi compiti del titolare camerunense M'Bia e lasciando in panchina come spesso accade il funambolico franco-tunisino Ben Arfa, grande giocoliere esploso nella nazionale francese under 17 negli europei casalinghi del 2004 vinti in compagnia di gente del calibro di Benzema, Nasri, Menez, ma decisamente ai ferri corti con il "basco" Didi. Appena 3 presenze da titolare su 12 gare di campionato giocate dai provenzali e malessere crescente nel talento ex Lione, giunto a Marsiglia come erede di Ribery e Nasri e con l'intento di deflagrare, ma tenuto in naftalina in maniera piuttosto bizzarra. Deschamps si priva anche del trottolino Valbuena, centrocampista offensivo da 4 anni sulle foci del rodano dopo essere stato prelevato dal Libourne-Saint Seurin, un piccolo club aquitano che allora giocava nel " Championnat National", una sorta di serie C1 francese (ma a girone unico), anch'esso caduto in disgrazia sotto la guida dell'ex centrocampista del Bordeaux .
E così, Mandanda in porta vede i suoi 4 difensori abituali in linea; Bonnart a destra, Diawara centrale di destra ed Heinze centrale mancino e sulla corsia esterna sinistra agisce il possente nigeriano Taiwo. Mediano di chiusura Cissè e il centrocampo a 3 con Lucho Gonzales dietro alle punte, l'ex "merlus" (Lorient) Abriel a destra e Benoit Cheyrou sulla mancina. Davanti il grezzo Brandao punta centrale e la lepre Niang largo a sinistra quasi in funzione di ala con compiti di accentrarsi.
Una difesa centrale, vero tallone d'achille della squadra anche ieri sera e rivoluzionata in estate da Deschamps che ha puntato sull'argentino Heinze, in parabola calante a Madrid, e sul senegalese Diawara rilanciatosi a Bordeaux dopo l'infelice parentesi al Charlton chiusasi con la retrocessione della compagine londinese in Championship. L'anno scorso era composta principalmente dall'argentino Civelli (ora da Simeone al San Lorenzo) e dal brasiliano Hilton, ieri a scaldare la panchina; giocavano spesso anche Ronald Zubar (ora ai Wolves) e Julien Rodriguez, ieri in tribuna e titolare nella finale di Champions League del 2004 quando insieme a Givet (ora da Allardyce al Blackburn) componeva la cerniera centrale del Monaco sconfitto dal Porto (in quella finale giocò dall'inizio anche Edouard Cissè).
Idee del tecnico e qui non ci piove, anche se la scelta degli uomini impiegati deve lasciare spazio a qualche doveroso appunto. In assenza di M'Bia infortunato è corretto l'utilizzo di Cissè, ma è chiaro che in un'ottica offensiva e nella necessità di far propria l'intera posta e nel tentativo migliorare la qualità complessiva, un centrocampo a 5 con Valbuena a destra e Ben Arfa alto a sinistra con libertà di manovra, con Lucho ed Abriel interni e Cissè più arretrato e sfruttare la tecnica e velocità di Niang davanti come unica punta centrale permetterebbe alla formazione "phoceen" di essere maggiormente incisiva. Anche un 4-4-2 con Lucho e Cissè interni, Valbuena a destra e Ben Arfa a sinistra e due punte mobili e veloci come Niang e l'ivoriano in scatola Bakary Konè darebbe quell'input offensivo maggiore per queste gare europee da dentro o fuori.
Nonostante le scelte discutibili dell'ex tecnico della Juventus, a parte un inizio pro Milan, che vede i "diavoli" trovare la via della rete con Borriello che salta come un birillo il difensore centrale della nazionale argentina Heinze e deposita la palla in rete dopo un tunnel su Mandanda, l'OM riprende subito il filo della gara con il gol del pareggio dopo un'incursione sulla fascia sinistra
dell'imprendibile Niang che dopo aver martirizzato Oddo, permette a Lucho
Gonzales di insaccare a porta vuota dopo la respinta di Dida.
Il centrocampo ed il gioco sono nelle mani marsigliesi e gli unici brividi arrivano dai lunghi lanci che trovano impreparati sia Heinze che Diawara come quando al 25° Borriello si trova da solo davanti a Mandanda ma Diawara rimedia al suo errore e recupera in scivolata in extremis. L'allenatore dei biancazzurri tiene i due centrali e tutta la difesa molto alta, ma gli stessi centrali appaiono piuttosto insicuri ogni qual volta il Milan transita dalle loro parti e prima della chiusura del tempo ancora un errore di piazzamento del senegalese permette a Pato un lob che termina la corsa oltre la traversa dopo che la sfera aveva scavalcato l'ex Bordeaux ed era ricaduta proprio alle spalle dello stesso africano. La sostanza è che il Milan fatica a proporre temi di gioco ma si rende pericoloso per via di
giocate individuali o errori avversari mentre le chiavi del match le ha la squadra transalpina nella quale spicca la prestazione di Niang ed il lavoro oscuro di Cheyrou e Cissè. Lo spazio di centrocampo è calpestato continuamente dai piedi marsigliesi e l'impressione è che il Milan sia in grossa difficoltà in fase di non possesso palla. Un pò di precipitazione e la legnosità di Brandao non premiano a sufficienza i visitanti che potrebbero sfruttare meglio le deficienze strutturali della squadra di Leonardo.
La ripresa si apre con le squadre immutate nel loro undici e nel disegno tattico e con un Milan apparentemente più deciso a far sua la gara; ma è un fuoco di paglia perchè allorquando l'OM avanza si rende sempre insidioso e pungente.
Proprio l'ennesima percussione di Niang rischia di spezzare l'equilibrio ma l'assist al bacio del senegalese viene incredibilmente spedito sulla traversa da uno smarcato e spaesato Brandao; la distanza dalla linea di porta era talmente irrisoria da far gridare alla rete ancor prima dell'impatto con la sfera. Un errore incredibile, sbagli pacchiani che hanno costellato l'intera prestazione del brasiliano ex Shakhtar e che dovrebbero far riflettere una volta ancora Deschamps e rivedere le sue cervellotiche valutazioni della rosa a disposizione.
Un pericolo talmente enorme che uscirne indenni pare essere un segno del destino. Deschamps ci crede e rinforza l'attacco sostituendo Lucho con la minuscola punta ivoriana Konè e schierando la sua squadra ancor più a trazione anteriore, ma opta anche per la sostituzione di un esausto quanto meritorio Niang con il talento purissimo di Ben Arfa. Proprio il genietto di origine tunisina
inizia a sfoderare giocate di sua pertinenza ed Abate inizia a non capirci più nulla tanto da essere graziato dall'arbitro Webb quando una volta vistosi soffiata la palla, si aggancia alla maglietta del marsigliese facendosi trainare da quest'ultimo sino all'interno dell'area di rigore, ma nonostante la trattenuta continui, l'ex Lione fatica a farsi cadere e invece opta per un tiro-cross che si spegne in fallo laterale nel lato opposto. Regola del vantaggio molto personale dell'arbitro che avrebbe potuto per lo meno fischiare una punizione dal vertice basso dell'area di rigore.
E' oramai chiaro che la gara non segua più un copione tattico definito e qualunque delle contendenti possa aggiudicarsi la posta in palio.
Il Milan benchè non fraseggi minimamente nè disponga dell'inerzia del match, è sempre insidioso in alcune ripartenze ed in qualche mischia e il solito Borriello si divora una palla-gol clamorosa quando solo davanti a Mandanda colpisce di spalla anzichè di testa e manda sul fondo. Le ultime due occasionissime sono però francesi: prima Konè, lanciato in solitaria. e in un 2 contro 1. si allunga sciaguratamente la palla a due passi dall'area grande del Milan, poi proprio agli sgoccioli (minuto 86°) Diawara colpisce la base del montante destro di Dida dopo un corner calciato da Ben Arfa.
Una maledetta iella che rimanda i Ciel et Marine a casa con l'amaro retrogusto di una nuova imminente eliminazione dalla coppa più importante prima ancora della fase ad eliminazione diretta ma con la consapevolezza che manipolando un pò l'undici di partenza ed inserendo gli uomini migliori questa squadra possa recitare un ruolo da protagonista sia nella Ligue 1 che nell'Europa League comunque sicura...a meno che lo Zurich non decida di essersi stufato di subire capitomboli interni piuttosto dolorosi e riaccenda la fiammella di sparanza che ancora flebilmente risiede negli animi marsigliesi.






Ben Arfa tra Pirlo e Seedorf: il giocatore francese di origini tunisine ha delle enormi potenzialità ma Deschamps lo utilizza col contagocce.